IMPORTANTE!!!
PREMESSA: Dare una scansione temporale in questo capitolo e in quello
successivo è stato abbastanza arduo. Mi sono infatti resa conto, mentre scrivevo
la storia cercando di rispettare un ordine cronologico, che nell’anime gli
accadimenti a cavallo tra l’episodio 31 e il 33 non seguono una scansione
temporale corretta. Oscar assume il comando il 15 aprile 1788, l’assalto alla
carrozza nel quartiere di Saint Antoine è storicamente documentato nella notte
tra il 27 e il 28 aprile 1789: la scena tra Bernard e André nella Parigi
innevata che chiede l’apertura degli Stati Generali accade quindi prima
dell’assalto alla carrozza e non dopo, come invece si vede nell’anime. Del
resto, è più plausibile che Oscar si renda conto di amare André circa due mesi
prima di confessarglielo e non un anno e due mesi prima -_-. Inoltre, nell’anime
la scena in cui André e Oscar scoprono il cadavere di Diane è, nel manga,
successiva all’assalto alla carrozza (ultimi giorni di aprile, ad esempio) e
quindi come può essere che Alain rientri dopo “molti mesi” di assenza dal
comando, in tempo per gli Stati Generali che si inaugurano praticamente tre
giorni dopo l’assalto alla carrozza?
Vi giuro che ho mandato in fumo il cervello mio e quello di mia sorella (a cui ho chiesto aiuto.. sigh!) per cercare di risolvere questo rompicapo: l’unico risultato ottenuto è quella di far passare non meno di 4 mesi dall’arresto di Lasalle (ad esempio, dicembre ’88) alla sua scarcerazione (primi di aprile ’89) e anticipare la morte di Diane a prima dell’assalto alla carrozza (febbraio 1789) in modo che passino i “molti mesi” di lutto di Alain.
Vi anticipo quindi che, rispetto alla storia così com’è raccontata nell’anime, c’è qualche differenza. Spero che vi piacerà lo stesso ^__- e, soprattutto, di non avervi creato troppa confusione!
UNA VITA
Capitolo VII
Tu sei la luce, io sono l’ombra[1]
La nonna guardava con occhi obliqui il nipote, perplessa nel vederlo trattenersi dal riderle in faccia: apprendere come Oscar aveva abilmente evitato il matrimonio gli provocava un’ilarità di cui lui stesso, negli ultimi tempi, aveva un po’ sentito la mancanza.
«Non c’è proprio niente da ridere, sai?! Sicuramente da oggi tutti penseranno che la nostra madamigella Oscar sia.. beh.. non so come dirlo..» poi, tormentandosi le mani e irritata per l’espressione di André che, assunta ora un’aria decisamente più serena, tratteneva ormai a stento le risa di fronte al suo imbarazzo, la donna esplose furente con lo stesso tono di quando lo rimproverava quand’era piccolo: «Falla finita André!».
Ma André, ormai definitivamente sollevato dalla preoccupazione di un eventuale matrimonio di Oscar, non cercava più nemmeno di simulare una certa serietà alle minacce della cara nonnina e, simulando una certa gravità di toni, continuava a rassicurarla sul fatto che, quanto meno, il generale sarebbe stato tuttavia felice di essere riuscito infine, almeno in parte, ad avere veramente un figlio maschio!
E mentre diceva alla nonna che doveva rientrare perché l’ora di permesso che aveva avuto era finita, pensava che Oscar aveva veramente dimostrato molto coraggio, rifiutando categoricamente l’idea del padre di vederla sposata, contrariandolo.
Mi hai stupito, devo ammetterlo.
Dire che era felice era poco e, se non fosse diventato un argomento troppo delicato tra loro, avrebbe tanto avuto voglia di stringerle le mano e farle i complimenti. Oscar si era raramente ribellata al padre e non poteva che essere fiero di lei nel vederla, finalmente, ragionare con la sua testa e per i motivi giusti, salvo poi indirettamente, fare un favore anche a lui.
Anche se, era vero, si sentiva un po’ egoista in tutto ciò.
Volendo non pensare per un momento alla sua posizione di uomo innamorato, riteneva anch’egli che Oscar avesse dovuto vivere come una donna o, quanto meno, che non avesse dovuto fare una vita che la costringesse a reprimere gli istinti del proprio sesso, solo per assecondare una scelta fatta da qualcun altro.
E non era certamente normale per una donna rinunciare al matrimonio.
Lo sapeva, lui, cosa significava. E anzi, lei aveva sempre avuto, quanto meno, il pretesto di dire che il suo incarico non le lasciava spazio per progetti di questo tipo.. Mentre per lui era stato un bel problema, almeno fino ad un certo momento della sua vita, fino a quando sua nonna si era rassegnata e dell’argomento “accasarsi” non si era più parlato.
**
Agosto 1788
“Ubriacati, fa quello che ti pare.. ma toglitela dalla testa”[2].
Era facile per Alain parlare in quel modo, ma non era altrettanto semplice fare quello che lui diceva e, tutto sommato, forse non ne aveva ormai più tanta voglia, poiché quel suo amore sofferente se lo portava addosso da tutta una vita e gli era talmente familiare che, se non ci fosse stato, sarebbe stato come se venisse a mancare una parte di se stesso. E comunque, il tentativo c’era stato, prima della definitiva rassegnazione a quello stato di cose.
Quella sera, su quel ponte nella città di Alancourt, mentre erano in missione per proteggere i reali di Spagna in visita in Francia, Alain gli aveva rivelato di essersi accorto del suo occhio destro, che non funzionava come avrebbe dovuto. Quante volte gli aveva detto che era un folle, che non aveva senso fare quello che lui stava facendo per lei e, quella sera su quel ponte, non aveva avuto più la forza di rispondere, per dover giustificare ancora, e ancora, l’incontrovertibile realtà, e preferì continuare a bere con bramosia quel liquido scuro che l’amico gli aveva porto, l’unico che riuscisse ad attenuare un po’ della sua pena.
Poi era stato dato l’allarme e, insieme ad Alain, era corso a dare una mano: qualcuno aveva tentato di uccidere le loro maestà e Oscar era già all’inseguimento del colpevole. Prevedendo la possibilità che l’uomo avesse un cavallo da qualche parte, aveva raggiunto il soldato che si stava occupando di far riposare i cavalli e si era fatto dare il suo cavallo e quello di Oscar e, insieme ad Alain, tutti e tre avevano inseguito il gruppo di uomini in fuga. Poi c’era stata l’esplosione.
*
La detonazione era stata così forte che si era risvegliata solo la mattina successiva, all’alba. Tutto taceva intorno a lei. Sentiva solo il canto degli uccelli e lo sciabordio dell’acqua del ruscello poco vicino al dorso della bassa collina in cui l’esplosione li aveva scaraventati, mentre i primi tiepidi raggi del sole le scaldavano il corpo, umido e infreddolito per la notte trascorsa all’aperto.
Si sentiva stanca, il corpo indolenzito e, nel torpore generale, sentiva qualcosa che le stringeva l’avambraccio. Riuscì faticosamente ad alzare la testa e lì c’era André, disteso in posizione prona, le braccia rivolte verso l’alto, una mano intorno al suo avambraccio, l’altra a stringere il fucile d’ordinanza. Aveva qualche escoriazione sul viso e l’espressione del volto era tesa, poiché sicuramente anche per lui non era stata proprio una nottata piacevole, pensò la donna.
Poi i suoi occhi si erano soffermati sulla mano che la stringeva, con il chiaro intento di darle una qualche protezione e, nonostante le sue iniziali riserve, realizzava di non esserne infastidita ma anzi, poté percepire una sensazione strana, quasi di dejà-vu quando dovette riabbassare la testa perché il collo cominciava a dolerle per l’innaturale posizione che aveva assunto per osservare il suo amico. Qualche minuto dopo, sentì frusciare d’erba intorno a sé e, visto che la mano di André era ancora saldamente là dove l’aveva vista, dedusse dovesse trattarsi di Alain la cui voce, subito dopo, commentava la pronta difesa del suo compagno d’armi nei confronti della “sua” donna.
Lì per lì aveva avuto voglia di alzarsi immediatamente e chiedergli di ripeterle in faccia, se ne avesse avuto il coraggio, quello che aveva detto ma il tono sornione che aveva usato l’aveva quasi divertita e, allora, aveva fatto finta di continuare a dormire perché non aveva proprio la forza, o la voglia, di muoversi da lì e attese che fosse André a svegliarsi e ad alzarsi per primo.
**
Novembre 1788
Erano passati sette mesi da quando aveva assunto il nuovo incarico e aveva ormai realizzato pienamente di non essere in grado di gestire la situazione con André. Sapeva che sarebbe stato meglio che lui la dimenticasse definitivamente ma era consapevole di non poter fare a meno della sua presenza. Era profondamente ingiusto, lo sapeva, ed egoistico, da parte sua, mantenere questo stato di cose.
Ci aveva già provato, inutilmente: del resto, non avrebbe potuto impedirgli di arruolarsi, se era quello che voleva, e svolgere il suo compito. Avrebbe potuto farlo trasferire in un’altra compagnia ma, il solo pensiero di poter usare uno spregevole mezzuccio come questo, l’aveva disgustata e aveva immediatamente accantonato l’idea e poi, da quando l’avevano pestato a sangue, quel pomeriggio, aveva capito la difficile posizione che aveva il suo amico, come se fosse sempre stato in bilico tra due mondi e, paradossalmente, rifiutato da entrambi.
Non ho mai pensato alle rinunce che hai dovuto fare, dando per scontato che la vita che ti aveva concesso mio padre, al servizio della mia famiglia, potesse essere un buona cosa per te, un’occasione. Mentre invece, il tuo passato come mio attendente non ti ha portato altro che guai.
Al momento, però, la questione da affrontare era un’altra: rintracciare il soldato della sua compagnia che aveva venduto il suo fucile al mercato nero.
Le era stato ordinato direttamente dal generale Bouillé che si era recato di persona nel suo ufficio, giustificando la sua visita per complimentarsi con lei di aver svolto in maniera a dir poco eccellente il compito di proteggere la famiglia reale spagnola – con uno spaventoso ritardo di tre mesi – dicendole poi infine il vero motivo della sua visita, incombenza quest’ultima che la donna non aveva proprio voglia di svolgere. Ma era stata costretta a rispondere come si conviene ad un militare, nonostante non avesse nessuna voglia di mandare uno dei suoi soldati davanti al tribunale militare.
Quando il generale si fu congedato, non fu difficile per Oscar fare due più due e collegare il fatto a ciò che era accaduto quando aveva radunato la sua compagnia per comunicare ai soldati l’incarico di proteggere i reali di Spagna e si era accorta che uno di loro, Lasalle, non aveva con sé il suo fucile. Alle improbabili risposte dell’uomo, che sembrava avesse perso la sua arma e non ricordasse dove l’avesse messa l’ultima volta, aveva chiuso la questione ordinando al colonnello di procurare al soldato un’altra arma, e di trovare lui una giustificazione per l’addetto alle armi.
Le aveva stampate a chiare lettere nella mente, le parole che Alain le aveva rivolto dopo che lei aveva battuto un suo commilitone, ottenendo così che i soldati sfilassero in parata:
«A dire la verità, noi ci siamo arruolati solamente perché non avevamo di che mangiare».
E, cominciando a conoscere meglio i suoi uomini, ad osservarli nei momenti di libera uscita, quando i loro parenti e amici venivano a trovarli in caserma o li andavano a prendere per accompagnarli a casa, percepiva con sempre maggior chiarezza che c’era un’altra vita completamente diversa fuori dalle mura di Versailles e dei palazzi nobiliari. Si rendeva conto, ogni giorno di più, quali fossero le reali condizioni della popolazione, quella vera, non quella composta dai pochi nobili rinchiusi nelle loro prigioni dorate, convinti che il mondo reale fosse quello in cui loro vivevano, fatto di ricchezza, lusso e spreco di denaro.
Aveva lasciato correre il fatto e, adesso che era costretta a prendere una posizione definitiva sulla situazione, cercava una soluzione che non nuocesse a quel giovane soldato, sperando che Bouillé non avesse dato l’incarico di identificare il colpevole anche ad un’altra compagnia e che la cosa, magari, passasse nel dimenticatoio[3].
Per una volta, che diamine, quei soldi potevano servire a qualcosa di buono, magari a pagare un medico o del cibo, che in città costava sempre di più; firmando gli ordini di acquisto, si era accorta anche lei dei vertiginosi aumenti del cibo, tra le altre cose, mentre la paga dei soldati rimaneva sempre la stessa.
**
Dicembre 1788
Il fluire dei pensieri in quel tardo pomeriggio, accompagnato solo dal rumore ininterrotto della pioggia che batteva sui vetri e dallo stridio della punta del calamaio sul foglio di carta, venne improvvisamente interrotto da un brusco bussare alla porta. Costretta ad interrompere il suo lavoro, Oscar volse il capo verso la porta e, in tono aspro, invitò chiunque ci fosse lì dietro ad entrare. Era Alain, con l’onnipresente fazzoletto rosso e la divisa d’ordinanza non proprio in ordine e, qualche passo dietro di lui,
André. Strano, molto strano, che fossero venuti entrambi. Alain aveva un viso profondamente serio.
«Rispondete ad una mia domanda, comandante».
«Si tratta di una cosa importante?». Non le piaceva il modo in cui Alain le stava parlando e si rivolse a lui in tono brusco.
«Se André avesse intenzione di sposare Diane, la mia sorellina, voi come reagireste?»
Già.. la sorellina di Alain, la deliziosa ragazza che aveva visto qualche volta nel cortile della caserma, nelle ore di libera uscita del fratello il quale, tutto inorgoglito, le aveva una volta anche presentato. L’ingenuo e dolce sguardo che le aveva rivolto in quell’occasione le aveva ricordato tanto la piccola Rosalie.
«Ma che cosa dici?!» intervenne André, gli occhi spalancati, senza capire dove volesse andare a parare l’amico.
«Ahh!!! Smettila André! Chiudi quella bocca!» poi, prima che quest’ultimo potesse avere il tempo di rispondere a tono, tornò a rivolgersi al suo comandante: «Qual è la vostra risposta, comandante?»
Certo, André aveva tutto il diritto di scegliere la vita che desiderava e lei non aveva nessun titolo in merito, non più, per poter interferire in tal senso – in fondo, non era più il suo attendente. E in ogni caso: che tipo di risposta si aspettavano da lei? Cos’è che avrebbe dovuto rispondere? Che la sola idea che André decidesse di sposarsi le aveva provocato un’improvvisa quanto irrazionale paura?
Paura di cosa poi.
Brava Oscar, bell’egoismo il tuo.. Tu non lo vuoi e pretendi che nessun’altra si interessi a lui. Brava, proprio brava.
«Non capisco il senso di questa domanda.. Comunque André sarebbe libero di decidere: se vuole questo per me va bene».
«Uh! È proprio quello che pensavo..!» Il tono di Alain era diventato sprezzante quanto si rivolse ad André: «Questa donna non è degna dei sentimenti che tu nutri per lei.. Sarebbe capacissima di vendere anche te.. e tu ti affanni tanto a difenderla!»
Cerco involontariamente il tuo sguardo per assicurarmi che tu non abbia cambiato l’opinione che hai di me, ora che questo tizio che ho davanti si permette di giudicarmi e giudicare te e quello che fai, senza sapere niente di noi.
Non posso, non riesco a mascherare il mio imbarazzo per la platealità di Alain nel descrivere l’attuale stato dei miei sentimenti per te – incomprensibili per lui - mentre, imperterrito, continuo a difendere te e il mio amore per te sapendo che tu non saresti mai in grado di fare una cosa del genere. Tu non la conosci bene Alain, non sai quanto sia onesta e leale la donna che hai di fronte.
E quando lo vedo schiaffeggiarti e prenderti per il colletto dell’uniforme, vedo me stesso fare un passo avanti e mettere una mano sulla sua spalla e sento me stesso dire semplicemente il suo nome con un tono che non ammette repliche perché non so per quale motivo Alain stia facendo questo ma, anche se mi ero ripromesso di non intervenire mai, in nessun caso, per rispettare la tua volontà di autonomia, non posso permettere che qualcuno ti metta le mani addosso in questo modo.
Il tuo sguardo è fermo e deciso, come raramente mi è capitato di vedere, mentre lasci il tuo posto vicino la porta e avanzi verso di noi. Ti limiti ad appoggiare la mano sulla sua spalla, per bloccare quel momento. E la tua calma apparente, mentre ti rivolgi a lui, sortisce evidentemente l’effetto che hai sperato perché il tuo amico, dopo averti fissato a lungo in un dialogo che soltanto voi comprendete, lascia la presa mentre io sento la mia guancia bruciare e pulsare ancora per lo schiaffo. E io, che non tollero di essere accusata di una cosa tanto meschina, specialmente dopo che, di fronte a te e agli altri, avevo proprio dimostrato di soprassedere sulla questione del fucile, mi aggiusto il colletto, simulando con non troppa difficoltà una certa freddezza per l’affronto subito e dico che accetto la proposta di Alain di risolvere la questione con le armi visto che, a quanto pare, le parole e le spiegazioni risultano inutili[4].
**
Oscar e Alain sono adesso uno di fronte all’altra. La pioggia cade fitta, inzuppando da capo a piedi loro e il resto della compagnia che fa un cerchio intorno ai due per non perdersi lo spettacolo.
«Battetevi! Io non riuscirò mai a perdonarvi, comandante»
«E va bene..! Visto che con te è del tutto inutile discutere»
E, così dicendo, Oscar aveva sguainato la spada, producendo un fastidioso rumore metallico e lasciando andare a terra, con l’altra mano, il fodero.
«Oscar, io..»
Un sussurro spento dal rumore dalla pioggia.
Anche Alain si era preparato al duello, sfoderando la sua arma ma, fuori da ogni previsione, non aveva lasciato andare il suo fodero ma, al contrario, se ne serviva insieme alla spada, incrociando i due pezzi davanti a sé con i pollici rivolti alla parte bassa dell’elsa.
La donna non aveva mai visto niente del genere e, per la prima volta in vita sua, non seppe cosa aspettarsi e, per ogni evenienza, fece un passo indietro, tenendo la sua spada dritta davanti a sé.
Alain si era lanciato prontamente verso di lei, attaccando ripetutamente sia con l’arma che con il fodero senza darle il tempo di ideare una difesa decente, men che meno un contrattacco e, quando per una frazione di secondo Oscar aveva affondato approfittando della breve difesa scoperta di Alain, quest’ultimo aveva velocemente fermato l’attacco, incastrando la spada della donna tra la sua e il fodero.
Ghignava provocatoriamente Alain, nel vedere il suo comandante in difficoltà e incapace di disincastrare la lama. Ci riuscì solo quando lui glielo permise mentre riprendeva ad attaccare senza darle il tempo, di nuovo, di prepararsi in posizione di difesa. Improvvisamente, riuscì a creare una breccia nel complesso attacco di Alain e ne approfittò per alzare la spada con tutta la forza che aveva riuscendo, non seppe come, a spezzare in due la lama del suo avversario.
«Non puoi combattere con una spada spezzata, Alain»
«Non vi preoccupate per me, perché io sono sicurissimo di riuscire a battervi anche così, madamigella Oscar»
E ritornò nella posizione iniziale, le braccia davanti al volto con quel che rimaneva della spada e il fodero, impugnati in quella strana posizione che Oscar non aveva mai visto.
Si guardavano con circospezione, osservando ognuno le mosse dell’altro, pronti a difendersi o ad approfittare per un attacco.
Oscar riprendeva il duello ma l’uomo, nonostante l’arma inevitabilmente danneggiata, continuava a sfuggire ai colpi.
È davvero abile con la spada. Non ho mai incontrato uno che sapesse battersi meglio.. Anche così riesce a tenermi testa.
Oscar riprese ad attaccare, quasi alla cieca, indispettita per l’incapacità di concludere quel duello ed esterrefatta dal modo in cui Alain continuava a parare abilmente i suoi colpi, fino a quando il pugno di Alain, che stringeva l’elsa della sua spada, non colpì l’avambraccio di Oscar che, colpita con forza al nervo vicino al gomito e sopraffatta dal dolore, lasciò cadere la spada dalle mani e, indietreggiando, si strinse l’avambraccio indolenzito con l’altra mano.
Oscar!
«Ma cosa aspetti Alain! Attaccala adesso!!» gridava uno dei soldati attorno a loro.
Ma, al di fuori di ogni aspettativa, Alain aveva dato un calcio alla spada del suo comandante, facendola volare dritta dritta verso Oscar, che l’agguantò prontamente, senza capire il gesto del suo avversario.
«Perché l’hai fatto Alain?! Non aveva scampo!!»
«Potevi fare di lei quello che volevi!»
«Fate silenzio voi!!» rispose Alain.
«Ma cosa ti prende? Perché rinuncia a combattere?!»
«Fate silenzio, ho detto!! Basta!! Fate silenzio!! Il duello è finito. Mi dispiace, ma ammetto di essere stato battuto»
Disse il soldato, scoprendosi il fianco e mettendo in mostra una ferita di striscio.
**
Tornò nel suo ufficio. Le parole di Alain, iniziate con un tono e un volume di voce controllato fino a diventare un vero e proprio grido, le avevano fatto il medesimo effetto di uno dei tanti schiaffi che suo padre le dava quando disobbediva ad un suo ordine e le facevano più male di quello schiaffo ricevuto non troppo tempo prima. Ma la cosa che più le faceva male – pensava mentre si era fatta portare qualcosa per asciugarsi – era che il soldato aveva dannatamente ragione.
Non era la prima volta che uno dei suoi uomini aveva venduto un’arma, o qualunque altro oggetto gli passasse l’esercito, per rivenderlo e arrotondare lo stipendio. C’era chi rinunciava anche a parte dei pasti per darli poi alle famiglie, perché era l’unico modo che avevano per non morire di fame: queste erano state le parole, gridate, di Alain.
Come unica rappresentante del ceto nobiliare in quel cortile, si era sentita mortificata, come se fosse lei causa della disperazione che aveva visto negli occhi dei suoi soldati mentre sentivano il loro amico urlare l’ingiustizia di vivere in quel modo.
«Pensate bene a quello che vi ho detto, comandante, e se lo ritenete giusto, cercate di fare qualcosa per il nostro compagno Lasalle»
Aveva concluso Alain, le mani in tasca; l’aveva fissata e poi era andato via lasciandola sotto la pioggia, sconfitta.
Avrebbe trovato un modo per salvare Lasalle.
**
Seconda metà di dicembre, 1788
Nonostante avesse insistito di non voler nessuna licenza per il periodo natalizio, Oscar l’aveva in qualche modo convinto a passare la settimana tra Natale e Capodanno fuori dalla caserma.
«Tua nonna mi ha chiesto tante volte di te: non vede l’ora di rivederti».
Erano passati otto mesi da quando era entrato a far parte della Guardia Francese e il loro rapporto era cambiato molto da quella che ormai considerava una serata maledetta o meglio, si era come congelato, paralizzato.
Non erano più in confidenza come lo erano prima che lui le confessasse il suo amore e questo era dovuto in parte anche ai reciproci impegni in caserma: anche se continuavano a vedersi tutti i giorni, spesso gli unici momenti di incontro erano quelli in mensa o nelle ore di servizio.
Si era in un certo senso rassegnato a quello stato di cose e cercava di vedere il bicchiere mezzo pieno, André, considerando che, quanto meno, Oscar non soltanto non aveva fatto niente per allontanarlo da sé – cosa che avrebbe tranquillamente potuto fare come suo comandante di compagnia – ma continuava a fare affidamento su di lui e, durante le operazioni in cui doveva presenziare anche lei, lo inseriva sempre nel suo stesso turno di guardia.
Spero solo che tu non lo faccia per paura che venga preso nuovamente di mira dagli altri soldati.
Quel giorno però si era imposto di non rimuginare su quello che Alain, qualche volta, aveva definito come il suo “solito problema”[5]. Tra poco sarebbe stato Natale, nonché il trentatreesimo compleanno di Oscar e voleva farle un regalo, come aveva sempre fatto, solo che stavolta era incerto molto più delle altre volte su cosa avrebbe potuto regalarle: in realtà, non era nemmeno sicuro di come Oscar avrebbe preso la cosa ma, vista la pacifica fase di stallo tra loro, aveva deciso di rischiare comunque.
I fiocchi scendevano lentamente dal cielo, innevando silenziosamente la città che, André ricordava, era molto diversa rispetto agli anni precedenti, pur nel medesimo periodo dell’anno. Passando nei pressi di Place Dauphine, una folla di persone era radunata attorno ad un uomo il cui fervore della voce sembrava sciogliere il gelo dell’aria attorno a sé.
«Si! È il momento di porre fine a questa pesante discriminazione. Ora il Terzo Stato chiede più potere! Chiede di contare finalmente di più!»
«Ma quello è Bernard?!»
«Non è lontano il giorno in cui potremmo vivere nell’eguaglianza: non dimenticate che noi siamo nati tutti uguali!»
E così concludendo, scese dal suo podio, continuando a ricevere le acclamazioni della gente. Un gruppo di uomini si avvicinò a lui per stringergli la mano. La folla lo circondava e André riuscì a raggiungerlo solo quando lasciò la piazza e prese il Pont Neuf.
«Bernard!! Fermati, Bernard!»
Gli uomini si voltarono.
«André! Ma tu sei André!»
«Ti ho sentito parlare a quella gente: dici cose molto belle, Bernard..»
«Eh eh.. Sai, sono molto contento di rivederti. Ehi, perché non vieni a casa mia? È qui vicino..».
Quando Bernard gli aprì la porta non si aspettava di trovarsi davanti quella ragazzina che, tanti anni prima, aveva abitato a palazzo Jarjayes. Rimase così meravigliato che ci mise qualche minuto per capire cosa ci facesse Rosalie a casa di Bernard: erano marito e moglie. Lei si era visibilmente commossa[6] di rivederlo e non si stupì più di tanto che gli chiedesse subito di Oscar.
«Ah! Sta bene, Rosalie. Ma forse tu non sai che ha chiesto di lasciare la Guardia Reale e che adesso lei comanda i soldati della Guardia Francese»
«Oh.. oh..»
Sembrava affranta, Rosalie. Forse, nonostante le apparenze, aveva capito subito che qualcosa era cambiato dall’ultima volta che aveva visto madamigella Oscar.
«No, non piangere Rosalie. Ti garantisco che niente è cambiato da allora.. Niente e nessuno»
A volte una bugia è meglio della verità
Dopo aver amabilmente servito il caffè, Rosalie salutò André per andare al lavoro, lasciando i due uomini soli.
«Rosalie lavora con l’organizzazione di Robespierre, insieme a me. È uscita per stampare i volantini e i manifesti per il nostro prossimo raduno»
«Sembrate felici. Veramente..»
«André, perché non ti unisci a noi? Sicuramente non sarai felice di essere al servizio di un nobile!»
«Davvero un buon caffè»
André gli diede le spalle, guardando attraverso la finestra la neve che continuava a scendere.
«Ha un sapore semplice, ma pieno di amore»
«Stai ascoltando quello che ti dico? Perché hai presenziato al raduno solo adesso?»
«Mi è capitato di essere in licenza. Ho avuto un po’ di tempo libero»[7]
In realtà il motivo per cui non mi unisco a voi, Bernard, è perché non posso lasciare Oscar da sola. Non so esattamente cosa pensi lei di questa situazione anche se, come tu stesso ha potuto apprendere, lei non è come tanti altri nobili e potrebbe anche prendere un’imprevedibile decisione, se dovesse succedere qualcosa. In ogni caso, non la lascerei mai.
Chissà se non avrebbe fatto meglio a dirglielo, pensava André, sulla carrozza a noleggio che lo riavrebbe accompagnato a casa[8].
**
Il Natale, giorno del compleanno di Oscar, l’avevano passato in famiglia, come ogni anno e la nonna, per l’occasione, aveva preparato una torta al cioccolato.
Aveva visto i suoi occhi aprirsi per lo stupore quando le aveva messo tra le mani il piccolo pacchetto quando Oscar, congedati i genitori per la notte, stava per raggiungere la sua camera e lui l’aveva fermata. Con un imbarazzo che gli aveva fatto molta tenerezza, l’aveva vista aprire la confezione tra le mani, mentre continuava a guardarlo di sottecchi con aria interrogativa, tanto che André non era riuscito a reprimere un sorrisetto.
Oscar tirò fuori la piccola catenina, facendola oscillare davanti a sé. Non disse niente mentre continuava a fissare il piccolo ciondolino d’oro intagliato a formare una rosa.
«Beh.. spero ti piaccia Oscar. Lo so che è un pensiero molto semplice ma, credimi, non avevo la benché minima idea di cosa..»
«No, no André..»
Non riusciva a trovare un termine adatto ad esprimere quanta gioia le avesse fatto ricevere quel piccolo pensiero ma, quel suo atteggiamento, frutto di imbarazzo e di difficoltà di dare una risposta, dava ad André l’impressione che volesse concludere su due piedi la conversazione.
«Forse..»
Ti infastidisce che ti abbia fatto un regalo, Oscar? Forse che il ciondolo a forma di rosa ti ricorda ancora quello che ti dissi quella sera?
E fece per andarsene quando la donna lo trattenne per la manica della camicia.
«No, aspetta»
Fiato trattenuto.
«Scusami: è bellissima. È solo che non.. non me l’aspettavo ecco.. Non avresti dovuto..»
André mise una mano su quella di lei, ancora a stringere la manica della sua camicia. Lei alzò lo sguardo per guardarlo.
«Non dire sciocchezze»
Ecco. Il sorriso dolce e rassicurante che conosceva bene e che l’aveva accompagnata da tutta una vita. Inaspettato tuffo al cuore. Da tanto tempo non lo vedeva più.
Non riuscì mentalmente a formulare una risposta sensata e continuò a guardarlo negli occhi, come alla ricerca di qualcosa. Lui sciolse le mani.
«Buona notte, a domani»
«Buona notte.. A.. aspetta André.. Ho deciso di chiedere al generale Bouillé di intercedere per Lassalle..»
André le rispose con un sorriso.
*
Durante quel mese, Oscar si era rivolta ad alcuni ufficiali di sua conoscenza per sapere quale fosse la reale situazione di Lasalle. Le era stato detto che il suo commilitone era stato accusato di frode allo stato per aver venduto un bene di proprietà dell’esercito. Non era stata ancora emessa una sentenza di condanna che, considerando le inconfutabili prove a suo carico, sarebbe stata certa. In sostanza, sarebbe stato impossibile farlo uscire a meno che non fosse stato emesso ordine di grazia dallo stesso re, cosa poco plausibile nello specifico momento.
«Il re ha altro a cui pensare, comandante. Alcuni ministri suggeriscono al re di convocare gli Stati Generali»
«Gli Stati Generali?»
«Si comandante Jarjayes. Il deficit della Francia è diventato incolmabile, specialmente dopo la guerra in America e, secondo alcuni ministri, l’unica soluzione è quella di convocare i rappresentati dei tre ordini per trovare una soluzione: del resto anche il popolo, negli ultimi tempi, non fa che chiedere a gran voce gli Stati Generali e il re non può certo tapparsi le orecchie.. Quindi madamigella, credo che per il vostro soldato non ci sia niente da fare. Spero per lui che la corte marziale rimandi una sentenza il più a lungo possibile, sperando in qualche novità dall’alto» disse l’uomo alzando il dito indice della mano destra indicando un punto imprecisato.
Fine Parte Settima
Cetty (mail to: cetty_chan@virgilio.it )
[1] Titolo dell’episodio 30 nella versione originale.
[2] Questa frase è presa in prestito dal soldato Pullo, protagonista della serie tv “Roma”. Mi è piaciuta molto per la sua concretezza ed essenzialità, caratteristica che io vedo perfettamente in Alain.
[3] Non credo che Oscar avesse potuto denunciare Lasalle: sarebbe stato un comportamento da vera ipocrita, vista la faccia sorpresa che fa quando Alain entra nel suo ufficio insieme ad André e le dice dell’arresto di Lasalle. Ho pensato di risolvere la cosa ipotizzando che Bouillé avesse dato questo incarico non soltanto ad Oscar ma anche a qualche altro ufficiale, magari di qualche altra compagnia. Non sono certa dell’effettiva possibilità di questa soluzione, ma mi è sembrata quella migliore per risolvere la piccola incongruenza.
[4] Non vi dico quanto mi sono scervellata per scrivere questa parte. Per me è intollerabile, ma soprattutto inspiegabile, il comportamento di André in questa circostanza! Passi il fatto che voleva darle la sua autonomia e lasciarla agire da sola, facendole affrontare tutto in completa autonomia. Ma quando Alain prende a schiaffi Oscar, André non può non intervenire. Riuscite ad immaginare Alain che trascina Oscar nel cortile della caserma prendendola per il colletto dell’uniforme mentre André li segue fuori senza fare niente? Ok, Alain è un omaccione che potrebbe mettere paura in certe circostanze, ma André potrebbe guardare qualcuno che tratta così Oscar senza intervenire? Non l’ho trovato plausibile e, anche, pertinente ai suoi sentimenti, quindi ho fatto questo piccolo cambiamento alla storia originale.
[5] In realtà questa cosa viene detta al ritorno di Alain dopo la morte di Diane e della madre ma mi è sembrato adeguato al contesto :p
[6] “Visibilmente commossa” sarebbe un eufemismo!
[7] Questo dialogo è una sommaria traduzione della versione originale. Ho preferito inserire questa, piuttosto che quella italiana, perché le risposte di André mi sono sembrate molto più allusive al reale motivo per cui André, nonostante condivida pienamente gli ideali rivoluzionari, non si unisce a Bernard. E ho apprezzato tantissimo le risposte evasive che da a Bernard.
[8] André in questa scena lo si vede a piedi quindi ho immaginato che abbia preso una carrozza a noleggio per spostarsi.