NOTE DELL'AUTRICE: Questa storia è la realizzazione di un mio piccolo desiderio: colmare alcuni vuoti narrativi dell'anime, relativamente a "chissà cosa pensa André in questo momento, anche se non viene detto?" e "Chissà perché Oscar si comporta così".
La vicenda che segue, ricalca più o meno fedelmente (con qualche licenza) la storia raccontata dall'episodio 20 in poi, con alcuni salti temporali, visto che la storia è incentrata sui due protagonisti. Le parti scritte nel colore più scuro e in corsivo sarebbero i pensieri di André.
Ancora la fanfiction è in fase di lavorazione, pertanto non so dove la farò concludere. Per il momento, vi auguro una buona lettura, sperando che questo mio ultimo lavoro vi sia gradito.

 

UNA VITA

Capitolo Secondo

"Cuore di Donna"

 

Addestrarsi con le armi da fuoco a colpire le bottiglie di vetro era uno dei loro passatempi preferiti. Per lei rappresentava anche un allenamento vero e proprio, ma trovava molto rilassante l’esercizio di mirare e fare fuoco. Per lui era diverso. Anche se il suo ruolo era quasi sempre quello di sistemarle i bersagli, caricare le armi e porgergliele, era felice di poter passare del tempo con lei al di fuori delle mura del palazzo. Negli ultimi tempi molti eventi si erano succeduti.

Poco dopo la partenza di Fersen era scoppiato il triste caso dello scandalo della collana che, pur essendosi concluso con condanna di madame Valois e dei suoi complici, aveva contribuito a gettare fango sulla famiglia reale, nella persona di Maria Antonietta in particolare, la cui unica colpa era stata quella di aver bruciato con leggerezza una lettera di sollecito di pagamento da parte del gioielliere Boemer, a proposito del pagamento della prima rata per l’acquisto di una collana di diamanti. Inoltre, Oscar aveva persino rischiato la vita per catturare la signora La Motte nella sua latitanza, e si era salvata solo grazie al fatto che, non sapeva come, lui fosse riuscito a sentire che era in pericolo. Non ne avevano più parlato ma egli sapeva che era rimasta particolarmente coinvolta da questo evento, oltre che dalla stessa contessa la quale si era dichiarata una vittima fino alla fine, stringendo i denti come una leonessa nel tentativo di fuggire dal pasticcio in cui si era cacciata.

Grazie al periodo di riposo che la regina le aveva imposto per premiarla di aver contribuito positivamente a chiudere la questione della collana, da qualche tempo i due avevano molto più tempo libero da trascorrere insieme. Certe volte sembrava che fossero quasi tornati bambini, ai tempi in cui passavano le giornate rincorrendosi con le piccole spade in mano, quando ancora le decisioni sul futuro di lei erano lontane e l’unico pensiero era quello di indovinare cosa la nonna stesse preparando per la cena.

Aveva pensato ancora a Fersen, qualche volta. O almeno così gli era sembrato. Gli era capitato di vederla assorta in chissà quali pensieri e vederla trasalire e sentirsi rispondere “niente” quando le domandava cosa stesse pensando. Una volta in particolare gli era rimasta impressa. La regina aveva finalmente dato alla luce l’erede al trono e tutta la Francia, Parigi in particolare, era in festa. Oscar, nell’iniziale euforia per il lieto evento, aveva convinto André ad accompagnarla in una delle tante locande di Parigi, per brindare insieme a lei, beandosi di vedere, almeno per una volta, la regina che tanto amava acclamata dal popolo. Lui, ovviamente, aveva accettato. Nel tragitto da Versailles alla città di Parigi, erano stati fermati da un uomo tenuto in piedi da una stampella, che aveva chiesto loro quale fosse la strada per Chevreuse: stava cercando la famiglia del suo amico, morto in battaglia in America, a cui doveva portare i suoi ultimi oggetti personali. André aveva visto Oscar sgranare gli occhi, incapace di rispondere alla domanda dell’uomo. Allora era sceso lui, gli aveva detto di non preoccuparsi, che conoscevano la strada e che l’avrebbero accompagnato direttamente loro. Dopo aver lasciato l’uomo insieme alla famiglia del suo amico morto, erano entrati nella prima taverna che avevano visto. Le aveva chiesto cos’avesse voluto mangiare e lei gli aveva risposto che non aveva fame, solo sete. Così aveva ordinato due boccali di birra e, mentre sorseggiava la sua rispose ai pensieri di Oscar

«Ho sentito dire che la guerra di indipendenza in America è finita. Tra breve il nostro corpo di spedizione tornerà in patria. Ho pensato che fosse il caso che tu lo sapessi, Oscar[1]»

Lei non rispose, limitandosi a tracannare con bramosia il liquido dal bicchiere che aveva tra le mani.

«Bere fa dimenticare le preoccupazioni, eh? Comunque devi stare tranquilla Oscar: il conte di Fersen tornerà sicuramente. Io ho controllato e il suo nome non risulta nell’elenco né dei morti né dei dispersi».

Aveva lo sguardo tristemente rassegnato André, la testa bassa, mentre pronunciava quelle parole.

«Perché mi stai dicendo queste cose? Non le voglio sentire».  

Perché continui a far finta che non ti importi nulla, della guerra, di Fersen, quando è chiaro come la luce del sole che non è così? E non dirmi che non vuoi sentire le cose che ti dico perché lo vedo dai tuoi occhi che è proprio quello che volevi sentire. Anche se probabilmente queste cose le sai già.  

Aveva appena concluso di formulare questo pensiero quando un ragazzo si era avvicinato ad Oscar, stupito di vedere un giovane soldato bere così tanto in così poco tempo. La donna gli aveva intimato di andarsene e, quando il ragazzo, ubriaco e offeso per il rifiuto del soldato di accettare l’offerta di un’altra bottiglia di vino, le aveva messo le mani addosso per vedere meglio il suo bellissimo volto, strano per un militare, lei era esplosa, colpendolo con un pugno. Era scoppiata una rissa. André e Oscar si erano difesi bene, ma l’inferiorità numerica aveva determinato la loro sconfitta e, quando vennero buttati fuori dalla locanda insieme agli altri, la donna non riusciva nemmeno a reggersi in piedi con le proprie gambe e, André fu costretto a metterle il braccio sul suo collo e cingerle i fianchi, per reggerla quasi in piedi. Con l’altra mano, teneva i cavalli per le redini. 

Meno male che non si sono accorti che sei una donna… Io non posso fare a meno di notarlo invece, anche quando indossi l’uniforme, che sei una bella donna.

Il giorno successivo non avevano più preso l’argomento, né della rissa alla locanda, né del conte di Fersen. Ma col passare delle settimane André aveva notato un certo cambiamento in lei. Forse il breve dialogo che avevano avuto a proposito di Fersen, al fatto che non avesse ancora sue notizie e al suo rifiuto di sentire parlare di lui, avevano cambiato qualcosa, pensava, al punto che col passare dei giorni, l’austerità dei momenti in cui passava in rassegna le truppe a corte, era sostituita dalla serenità dei grandi sorrisi e del tono cristallino della voce quando rispondeva affermativamente alla richiesta di André di allenarsi sulla collina vicino al ruscello, con le armi da fuoco, oppure con la spada. Un pomeriggio addirittura, dopo una buona mezzora di scambi al fioretto, lei si era avvicinata per dirgli qualcosa e lui le aveva spostato le ciocche ribelli appiccicate sulla fronte e sulla parte del viso, accennando un’involontaria quanto inevitabile carezza. Non aveva pensato alle conseguenze del suo gesto e si era quasi pentito mentre si accorgeva di starlo facendo, per la pericolosa impulsività che stava mostrando ma si era dovuto ricredere nel vedere che lei, invece di allontanarsi, aveva alzato gli occhi, che si erano fissati curiosi nei suoi, poi aveva sorriso, accennando un grazie André, e poi si era rimessa in posizione di guardia, con lo stesso sorriso di adolescente, ormai raro sul suo volto, quando invitava il suo compagno di giochi ad attaccarla e lei stava di fronte a lui, pronta, con lo sguardo di chi, sapeva, sarebbe stato in grado di parare ogni colpo[2]. 

Era consapevole dell’impossibilità che nascesse qualcosa di concreto in lei, nei suoi confronti, ma non poteva fare a meno di sperare che le cose potessero andare per il meglio, che lei prima o poi avrebbe certamente dimenticato il sentimento che provava per il conte. Le differenze sociali tra loro avrebbero continuato ad esistere, ma sapeva che Oscar non valutava le persone in base al rango sociale e, chissà, forse un giorno si sarebbe accorta dei sentimenti del suo migliore amico e sarebbe stata in grado di ricambiarli, anche se il mondo in cui vivevano non li avrebbe mai accettati.

Quando tornava nella sua stanza e provava ad addormentarsi, pensava alle giornate appena trascorse, ai momenti di sincera amicizia e complicità e, nonostante si considerasse un pazzo furioso a sperare nella realizzazione di un amore come il suo, si diceva che aveva tutto il tempo del mondo e, se questo voleva dire continuare a stare con lei in questo modo, a non pretendere nient’altro di ciò che lei poteva offrirgli in quel momento, sarebbe bastato e chissà, forse il tempo gli avrebbe dato ragione. 

Quello era uno di quei felici pomeriggi.

«Non credi di aver colpito abbastanza bottiglie per oggi?»

«Io vado a prendere i cavalli, André» diss’ella spensierata mentre gli porgeva le pistole da posare nell’astuccio.

Mentre la donna si allontanava per raggiungere i cavalli André la richiamò:

«Aspetta Oscar, vuoi dare un morso a questa mela?»

 

Dopo l’avrebbe morsa lui, pensava, nello stesso punto in cui l’aveva morsa lei.

 

«Si, certo!»

«Prendila!» e tirò la mela, che, a metà della sua parabola, si sfracellò per un colpo di fucile. Oscar si voltò di scatto, la stessa cosa André, mentre diceva con voce ferma e decisa a chiunque fosse stato: «Perché avete sparato».

Una risata proruppe e Oscar venne presa da un improvviso brivido che le percorse tutta la schiena fino a farla quasi venire meno. Le orecchie le fischiavano, la mente, vuota.

«Mi dispiace di aver fatto a pezzi quella mela: volevo farvi vedere che anch’io me la cavo bene con le armi. Vi trovo benissimo madamigella Oscar, e trovo bene anche te André». Anche André aveva gli occhi sbarrati per lo stupore.

«Non mi avete riconosciuto? Sono Hans Axel di Fersen, già.. e sono appena tornato dall’America»

«Fersen! Voi qui!» disse Oscar non riuscendo a trattenersi dal corrergli incontro, mentre l’uomo sul cavallo in cima alla collina continuava a ridere e tutte le speranze di André venivano ridotte in mille pezzi nel vedere la donna che amava, con gli occhi lucidi e felici come mai l’aveva vista negli ultimi tempi, correre incontro a chi, a quanto pare, non era riuscita a dimenticare. Mantenne un contegno serio per non mostrare la rabbia e la furia che aveva in corpo.

 **

Il caminetto, vicino al tavolo in cui i domestici avevano sistemato la cena, scoppiettava allegramente: l’inverno non era ancora andato via e la sera il fuoco del camino era ancora indispensabile per riscaldare le enormi stanze di palazzo Jarjayes. Non era una cena formale e anche André era presente.

Oscar non credeva ancora ai suoi occhi: Fersen era vivo ed era tornato. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.

«La guerra di indipendenza è finita da due anni: come mai avete aspettato tanto tempo prima di tornare in Francia?» disse la donna.

«Mi dispiace che siate stati in pensiero.. Qualche giorno prima che il mio reggimento lasciasse l’America sono stato colpito da una strana febbre e così sono rimasto lì per curarmi. È stato necessario tanto tempo, più di quanto prevedessi»

«Ma ora state bene?»

«Si». Aggiunse poi, cambiando discorso quando la cameriera lo servì «Che meraviglia! Erano tanti anni che non gustavo la cucina francese. È bello essere nuovamente in Francia: un paese che ho sempre amato»

Anche Oscar non poté fare a meno di cogliere il doppio senso.

«Sono contenta che siate tornato sano e salvo». Stavolta fu lei a cambiare discorso.

«Madamigella Oscar, ho preparato la stanza degli ospiti per il conte di Fersen» intervenne la nonna di André.

«Oh no, Oscar, non voglio darvi altro disturbo»

«Ci terrei molto che voi restasse a casa dei Jarjayes per riprendervi dalle fatiche del viaggio. Potete restare una settimana, un mese, tutto il tempo che volete. Sapete benissimo di essere un ospite gradito».

«Grazie Oscar»

«Dovete restare, dopotutto non ci vediamo da diversi anni: credo che abbiate molte cose da raccontarci, per esempio tutte le vostre avventure americane, conte di Fersen»[3] aggiunse André.

«Vi ringrazio, è davvero magnifico stare insieme a degli amici come voi. Grazie ancora. Questo mi fa dimenticare in un momento solo tutte le atrocità della guerra»

«Credo sia il caso di brindare al ritorno del conte di Fersen, sei d’accordo Oscar?» disse André per smorzare l’atmosfera: non aveva proprio voglia di vedere Fersen nei panni di reduce e i tentativi di Oscar di smorzare la sua tristezza mentre, pensava, non si era mai accorta della sua, di tristezza. Sapeva di essere egoista nel pensare queste cose: del resto il conte aveva messo in gioco la sua vita, in tutti quegli anni, ma quando l’aveva visto in cima alla collina aveva capito che tutte le sue speranze erano distrutte[4].

«Si certo. A Fersen!» brindò Oscar, felice finalmente di avere sotto il suo tetto la persona che aveva tanto atteso.

«Al conte di Fersen!» aggiunse André, fingendo altrettanta gioia, che si tramutò in amarezza subito dopo. Tutti e tre bevvero dal loro calice, ognuno perso in pensieri di speranza e delusione.

 

**

 

Il sole entrava dalle finestre a vetri e Oscar, ancora eccitata dalla sera prima, si alzò subito dopo essersi svegliata e mentre finiva di abbottonarsi la camicetta, si affacciò per vedere se il conte fosse già in piedi. Era fortunata. Fersen passeggiava nel giardino. Uscì dal palazzo e lo raggiunse vicino la fontana nel cui bordo si era seduto.

«Come mai vi siete alzato così presto? Non avete dormito bene?»

«Al contrario, ho dormito benissimo. Solo che non riesco ancora a perdere l’abitudine di svegliarmi all’alba»

«La perderete prima o poi, credo. È bene che diate al più presto la notizia del vostro ritorno alla regina Maria Antonietta, conte di Fersen»

«No, io credo che tornerò in Svezia senza avere avuto l’onore di incontrare Sua Maestà»

Oscar sgranò gli occhi e non poté fare a meno di voltarsi nella sua direzione con aria stupita.

«Sette anni fa sono partito senza salutarla, Oscar, come un codardo. L’ho fatto per soffocare i sentimenti che allora nutrivo per lei: sono sicuro di esservi riuscito. Mi sono fermato in Francia per dare soltanto l’ennesima dimostrazione a me stesso che il mio cuore adesso non prova più amore per lei. Ho deciso di approfittare della vostra gentilezza e di restare qui ancora un paio di settimane, Oscar, anche perché voglio che nessun’altro sappia che sono tornato dall’America. Madamigella Oscar, - e si voltò verso di lei - non dite mai alla regina che sono tornato in Francia».

«Certo, capisco». Abbassò lo sguardo, adesso profondamente triste. Era possibile mai che un amore così grande come quello tra il conte e la regina potesse svanire così? Non era esperta di sentimenti amorosi, questo doveva ammetterlo, ma non pensava che le cose potessero andare in questo modo.

Più tardi, il conte propose ad André di fare qualche tiro di scherma. Oscar li osservava da lontano, gli occhi puntati sul conte di Fersen che con estrema bravura schivava ogni assalto di André.

Sembra una cosa incredibile ma la regina Maria Antonietta non è più nel cuore di Fersen. Questo fatto mi fa provare una gioia molto intensa. Se Fersen restasse qui… quanto vorrei che restasse… È l’unico uomo che potrei amare in vita mia.. si.. il conte Hans Axel di Fersen».

Forse, tutto sommato, non era poi tanto male che Fersen non pensasse più alla regina.

 

**

 

Aveva chiuso la porta della sua stanza, André, e si stava togliendo la camicia in cui erano rimasti ancora dei pezzettini di vetro. Mentre stavano sorseggiando il the, nel pomeriggio, una pallottola aveva colpito una delle grandi finestre del salotto, sfiorandolo per un pelo. Non si era fatto niente, per fortuna, anche se doveva ammetterlo, aveva rischiato parecchio.

Dopo cena doveva recarsi a Parigi insieme ad Oscar e al conte. Aveva visto gli occhi del conte allargarsi con grande meraviglia quando gli aveva spiegato il perché di quella pallottola vagante

«I nobili non sono più ben visti in Francia. Fatti come questo accadono sempre più frequentemente. Sono in molti ormai a odiare i nobili e la famiglia reale dopo lo scandalo della collana. Ma c’è un fatto peggiore di questo: anche i nobili si stanno schierando contro la famiglia reale. La Francia che voi avete lasciato sette anni a è molto cambiata, forse alcuni nodi stanno venendo al pettine drammaticamente».

Al che André si era offerto di accompagnarlo per le vie di Parigi, per mostrargli ciò che il popolo pensava della famiglia reale.

Ecco cosa mi tocca fare, per uno che si chiede perché Dio ti abbia fatto nascere donna!

 

**

 

Se n’era accorta subito, quando l’aveva visto scendere dal suo cavallo e togliere i pugnali con cui qualcuno si era divertito al tiro al bersaglio su uno dei tanti pamphlet su Maria Antonietta. Aveva preso il foglio tremando e, con la punta delle dita, ne aveva accarezzato la parte corrispondente al viso della regina.

«André ha ragione. La Francia è davvero cambiata. Prima che io lasciassi la Francia la famiglia reale era amata e rispettata ovunque, e la regina Maria Antonietta era amata da tutto il popolo. Oscar, ho cambiato idea: credo sia meglio che io torni a Versailles. La famiglia reale avrà presto davanti a sé momenti difficili da superare, e io credo sia mio dovere essere al fianco della persona che ho tanto amato e che, nonostante tutti i miei sforzi non riesco a dimenticare. Sento che è mio dovere farlo e lo farò. Voglio essere al fianco di Sua Maestà la regina in caso di pericolo».

 

Si era limitata ad abbassare la testa, più a sé stessa che al conte, che in quel momento, rivolto alla fiamme calde del camino, le dava la spalle.

«Vi auguro la buona notte, Oscar»

«Buonanotte Fersen»

L’uomo lasciò la stanza nello stesso tempo in cui André, con un una bottiglia e tre bicchieri su un vassoio, entrava nel salone. Si era fermato sulla soglia per discrezione, mentre Fersen confessava di non essere riuscito in definitiva a dimenticare Maria Antonietta.

«André, vado anch’io a dormire. Buona notte» disse la donna senza alzare la testa. Uscì dalla stanza e non vide André guardarla andar via, sedersi sul divano e prendere un bicchiere di quel vino che aveva portato per loro, buttarlo giù tutto in un fiato e poi, sbatterlo violentemente sul tavolinetto che aveva davanti.

 

**

 

Il giorno dopo era andato via molto presto per raggiungere la corte. Oscar aveva deliberatamente deciso di trascorrere tutta la giornata impegnandosi nelle sue solite attività, in modo da non pensare a Fersen o almeno provarci. Aveva passato la giornata a tirare di scherma con André, a correre con i cavalli e, infine, a colpire le bottiglie con le armi da fuoco. Dopo si erano seduti, stanchi, a guardare uno stormo di uccelli che volava verso il sole in tramonto.

«Guarda Oscar. Gli uccelli migratori stanno volando verso sud. Volano liberi e felici nel cielo, ma poi in primavera torneranno nei luoghi dove sono partiti. Nessuno può impedire questo».

 

André aveva il dono della metafora, questo doveva ammetterlo. L’unica soluzione era quella di rimanere in silenzio ed evitare di rispondergli, anche perché poi, tutto sommato, cos’avrebbe potuto rispondergli? Sapeva che il suo amico aveva perfettamente ragione. Fersen, nonostante i buoni propositi e i sette lunghi anni di assenza, non era riuscito a dimenticare la regina e come poteva lei subentrare nel suo cuore, visto che lui non la considerava nemmeno come una donna e si chiedeva come mai Dio l’aveva fatta nascere tale. Si era risentita, in un primo momento, per quell’affermazione che il conte aveva fatto senza pensare, anche se ovviamente non l’aveva dato a vedere. Poi, ripensandosi, si rese conto che, più che essere arrabbiata con lui, ce l’aveva con sé stessa visto che era stata sua la scelta di vestire e fare la vita di un uomo e intraprendere una carriera militare. Quindi, secondo questo ragionamento, se Fersen non riusciva a vederla come una donna era semplicemente per colpa sua. E se per una volta avesse cambiato le cose? Si alzò dal letto in cui stava riposando i muscoli indolenziti per la giornata faticosa e si diresse verso il suo pianoforte e si mise a suonare.

André era nel giardino, proprio sotto la finestra di Oscar, che dava sulle scuderie[5]. Doveva essere molto nervosa vista la sua scelta musicale e lui sapeva perché. Strinse con maggior forza lo straccio con cui stava lavando il cavallo di Oscar, roso dalle gelosia e dal profondo senso di ingiustizia di tutto questo. Non era così che dovevano andare le cose.

 

**

 

«Il grande giorno è arrivato! Il grande giorno finalmente è arrivato! Come sono felice!»

«Ma che cos’è tutta questa eccitazione?» disse André vedendo sua nonna così entusiasta fare avanti indietro da una stanza a quella di Oscar, portando con sé, tessuti, scarpe e accessori d’abbigliamenti vari.

«Ho fatto bene a cucirle quest’abito tanto tempo fa: sapevo che un giorno o l’altro le sarebbe servito».

Finalmente smise di parlare a sé stessa e rispose alla domanda del nipote che continuava ad inseguirla per cercare di capire cosa giustificasse tanta euforia:

«Oscar mi ha detto che questa sera sarebbe andata al ballo di corte vestita da donna».

 

Non poteva fare a meno di fare avanti e indietro nel salone di ingresso, sotto le scalinate che portavano al piano di sopra. Oscar vestita da donna? Non riusciva ancora a crederci Sembrerà uno spaventapasseri con un abito che le pende da tutte le parti

pensava non riuscendo ad immaginare Oscar in maniera diversa da come l’aveva vista praticamente da sempre.

Ma che cosa stai facendo, Oscar?

Sapeva che era una pazzia, che se l’avesse saputo il generale come minimo l’avrebbe presa a schiaffi e l’avrebbe rimproverata di essere causa di disonore.

Sentì la nonna dirgli di salire, di vedere come stava bene madamigella Oscar vestita, finalmente, con gli abiti che avrebbe dovuto vestire da sempre. Sorrideva sornione sapendo che sicuramente sarebbe stata impacciata in quegli abiti in cui, si chiedeva lui, non capiva come le donne potessero stare; ma dovette ricredersi quando alzò lo sguardo e vide Oscar in un bellissimo vestito color avorio, i capelli tirati su a scoprirle il volto e le spalle. Più che un sentimento di gioia il suo fu un quasi un dolore lancinante, nel sapere che era bellissima e, in quel modo, quasi ancora più irraggiungibile di come già non fosse e che, per di più, aveva fatto tutto per il conte, per farsi vedere da lui come una donna. Avrebbe voluto fermarla quando lei gli passò davanti, girandosi verso di lui e facendogli un piccolo sorriso, quasi a scusarsi per aver in qualche modo infranto la sua promessa di vivere per sempre come un uomo, anche se era solo per una sera. L’uomo penso che avrebbe voluto stringerla a sé e dirle che lui l’avrebbe amata sempre e che non era necessaria quella commedia per mostrare quanto fosse bella e desiderabile. L’avrebbe abbracciata forte fino quasi a farle male, toccare il suo corpo così in risalto come mai l’aveva visto. Si eccitò pensando a come avrebbe voluto toglierle le forcine che le tenevano su i capelli e accarezzarla mentre con una mano le scioglieva gli abiti facendoglieli cadere ai piedi e poi…[6]. Si impose di non continuare con questi pensieri e disse alla nonna che non si sentiva troppo bene e che preferiva andare a dormire: Pierre si sarebbe occupato di accompagnarla con la carrozza a noleggio che aveva fatto venire da Parigi.

 

**

 

«Ma è bellissima!»

«Guardate quella donna, sembra una dea! Chi è?»

«Questo nessuno lo sa. Dicono che sia una duchessa che viene da un paese straniero. Non vuole che si sappia il suo nome, ma non ne conosco il motivo».

Aveva sentito i commenti delle altre signore mentre entrava nella galleria degli specchi in cui era stato allestito il ballo di quella sera. Era rimasta piacevolmente lusingata dai complimenti e dagli sguardi ammirati di chi le stava intorno. Teneva gli occhi bassi mentre avanzava, per un certo imbarazzo di stare in quegli abiti tanto estranei e, in parte, per la paura che la sua vera identità fosse scoperta, nonostante il trucco, le luci soffuse della sala e il fatto che nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere il colonnello delle guardie reali presentarsi ad un ballo vestita da donna. Quando alzò lo sguardo si trovò di fronte il conte Fersen, il quale non aveva potuto anche lui fare a meno di notare la misteriosa donna che era entrata nella sala. Fece finta di non conoscerlo e stava per oltrepassarlo quando la voce di lui la costrinse a fermarsi:

«Perdonatemi. Mi concedete l’onore di ballare con voi?»

Le venne un colpo al cuore. Era quello che avrebbe voluto: almeno per una sera, essere avvolta tra le braccia di Fersen, farsi portare dolcemente dalla musica e dalle mani di lui sui suoi fianchi. Abbassò la testa, si voltò e lui la prese tra le braccia. I musicisti cominciarono a suonare.

«Perdonate duchessa, posso sapere da dove venite? Sapete, conosco una persona che vi somiglia moltissimo».

Continuava a tenere un profilo basso e a rimanere in silenzio perché non sarebbe stato facile nascondere la sua identità ad una distanza così ravvicinata, e ancora di più se lui avesse sentito la sua voce.

«Bella come lo siete voi, bionda come lo siete voi e generosa e colta e decisa, darebbe la sua vita per i suoi ideali. Di solito nasconde il suo corpo bellissimo dentro un’uniforme e fa di tutto perché gli uomini non si interessino a lei. Questa ragazza di cui vi parlo è il mio migliore amico».

Ad un certo punto la stanza intorno a lei prese a girare vorticosamente e perse l’equilibrio. L’uomo riuscì a trattenerla e la strinse più forte a sé cingendola per non farla cadere. Si accorse piano che Fersen spalancava gli occhi, continuando a fissarla

«Non lo posso credere! È impossibile! Ma voi siete…?»

Non poteva più restare lì. Doveva andarsene immediatamente. Il coraggio per la prima volta le venne meno e scappò via, lontano da lui, lontano dagli altri nobili che, adesso, la guardavano andare via e si interrogavano su cosa mai avesse fatto il bellissimo conte Fersen da giustificare una sua fuga dalla sala.

«Fersen mi ha tenuto fra le braccia, i suoi sguardi mi hanno accarezzato, ma mi ha detto anche quello che prova per me: solo amicizia. Devo rinunciare a lui».

 

Aveva deciso di partecipare a questo ballo dopo l’attentato alla regina durante il suo trasferimento, su consiglio del conte, dal Petit Trianon alla reggia. Non sapeva esattamente cosa fosse successo tra lui e la regina, ma si vociferava che Maria Antonietta avesse iniziato ad allontanarsi dall’influenza della duchessa di Polignac e che aveva deciso di ritornare alla reggia e partecipare più attivamente agli impegni di corte. Durante il trasferimento in carrozza, tre uomini a cavallo si erano introdotti nei giardini e  avevano tentato di uccidere la regina utilizzando dell’esplosivo. Oscar aveva fatto subito intervenire i suoi soldati ma uno degli uomini era riuscito a fuggire. Lei gli era corsa dietro, perché voleva arrestarlo e soprattutto, capire il perché. Raggiunto in un fatiscente palazzo poco fuori la reggia, si era accorta che l’uomo era gravemente ferito ed era riuscita facilmente a schivare il suo colpo di pistola, sparato da un braccio tremante per la grande perdita di sangue dalle ferite. Gli aveva sentito dire, poco prima di morire, che era bello morire per la Francia e, senza sapere come, le si formò nella mente l’immagine di Fersen che la salutava da uno dei balconi che si affacciano nel cortile in cui lei era solita radunare i suoi soldati. Si era chiesta cosa le stava succedendo, e detto che quello non era il momento per pensare all’amore. Dopo aver ordinato ai suoi uomini di rimuovere il corpo e aver sistemato tutte le faccende pratiche, aveva detto ad André di dire al tenente Girodel che lasciava a lui il comando e che preferiva tornare a casa. Il suo amico si era subito accorto del suo atteggiamento strano e, mentre correva via da lui per non rispondergli, le lacrime erano sgorgate via da sole e lei si era sentita triste e felice allo stesso tempo, perché finalmente sentiva forte e chiaro il suo cuore di donna gridare, così forte da darle un dolore quasi insopportabile, perché finalmente aveva capito cosa fosse l’amore, il desiderio di amare ed essere amati.

 

Ma cosa pensava di fare partecipando al ballo vestita da donna? Si era illusa, quella sera, quando lui l’aveva avvicinata a sé per non farla cadere e aveva socchiuso gli occhi sperando che, almeno per una volta, avrebbe potuto essere come tutte le altre donne ed essere desiderata e amata. Eppure lui le aveva detto che non provava nient’altro che amicizia per lei e non c’era nient’altro da aggiungere. Poi lui si era accorto di chi in realtà lei fosse.

 

Scese dalla carrozza Oscar, il trucco disfatto per le lacrime e con un grande mal di testa. Salì le scale in silenzio e, quando entrò  nella sua stanza, chiuse la porta alle sue spalle.

 

Fine Parte Prima

Cetty (mail to: cetty_chan@virgilio.it )

 

 


[1] In realtà questa frase viene detta da André nello stesso episodio, ma prima, quando Oscar suona nervosamente il pianoforte.

[2] Forse è superfluo dirlo, ma cerco di descrivere lo sguardo che di Oscar nel primo episodio, quando sta dando di spada con André, poco prima che la nonna richiami il nipote.

[3] A mio avviso, la battuta che André pronuncia non è casuale. Si sa che Fersen era un donnaiolo e, come scrive A. Fraser nel suo “Maria Antonietta. La solitudine di una regina” «Fersen adorava le donne, sia in generale che in particolare, e la sua vita in America e in Europa fu contrassegnata da appassionate relazioni amorose» e ancora «Fersen, attratto come sempre dalla compagnia femminile, avrebbe subito trovato, con sua grande soddisfazione, che le donne di Newport, Rhode Island, erano “graziose, cordiali e coquettes”». E non dimentichiamoci che André sa sempre tutto di tutti, prima di tutti! Infatti, mi sono sempre chiesta come faccia a sapere, dopo l’assalto in Rue St. Antoine, ferito più di Oscar, che Fersen è rientrato nei suoi alloggi? È un vero e proprio mistero…!

[4] Non so se riesco a rendere bene l’idea. Ho sempre cercato di pensare a come André potesse sentirsi relativamente a Fersen e al ruolo che ha per Oscar. Mentre nella storia ufficiale, vuoi per il suo ruolo di attendente, vuoi perché non si è dato spazio a determinati aspetti della sua personalità, André appare in un certo senso – mi si perdoni l’espressione – quasi “passivo”, io ho pensato invece che, essendo anche lui un essere umano (ok, lo so, stiamo parlando di un personaggio a fumetti ^^), possa provare “odio”, un odio istintivo e sicuramente non giustificabile ma che infondo possa portarlo anche ad essere un po’ egoista, in certi momenti, quanto meno nei pensieri.

[5] Come giustificare il fatto che André striglia il cavallo, si gira e guarda la finestra di Oscar?

[6] Non pensate anche voi che André, in un contesto reale, avrebbe potuto avere una reazione del genere? Non dimentichiamoci che è la prima volta, ed in effetti l’unica, in cui la vede vestita da donna.