UNA VITA
CAPITOLO X
"Addio"
Due anni e due mesi erano trascorsi dall’ultima volta che aveva messo piede a Versailles e si rendeva conto di sentire quei luoghi, che le erano stati tanto familiari, estranei. Estraneità dovuta non tanto alla non frequentazione del posto specifico, quanto al suo stato d’animo che le suggeriva di sentirsi un pesce fuor d’acqua in mezzo a tutta quell’architettura e agli stucchi barocchi. Palazzo Jarjayes, rispetto alla reggia di Versailles, aveva un’aria decisamente più austera, per non parlare della caserma della Guardia Francese, così lontana da quel mondo dorato in cui ora si apprestava a ritornare.
Maria Antonietta aveva accettato con grande gioia di rivedere la sua amica e Oscar non poteva esimersi dal ringraziarla per averle salvato la vita.
Anche i dodici soldati rinchiusi nel carcere dell’Abbazia erano stati infine rimessi in libertà grazie alla collaborazione di Bernard che, facendo intervenire il popolo in protesta per l’arresto dei dodici uomini, aveva costretto il comandante della guardia a richiedere la scarcerazione dei prigionieri per prevenire disordini e violenze.
Tutto questo non era avvenuto per pura casualità ma grazie ad un accordo tra Oscar e Bernard.
*
Sua Maestà l’aveva accolta con un sincero sorriso, felice di rivedere la sua amica dopo l’ultima udienza in cui Oscar aveva richiesto di essere destinata ad un altro incarico. La regina ebbe modo di raccontarle, nell’intimità del suo appartamento, in tutta confidenza e informalità, che la felicità di rivederla era raddoppiata dalla vita in solitudine che aveva iniziato a condurre dalla morte di Louis Joseph. Il comandante l’aveva ringraziata per averle concesso il perdono reale, dopo la sua insubordinazione, e Maria Antonietta aveva brevemente tagliato corto tutti quei convenevoli perché la loro amicizia durava da vent’anni ed era il minimo che potesse fare.
In breve, la conversazione si era orientata verso gli impegni sociali, che per la regina rappresentavano sempre più un peso estenuante per la sua serenità, mentre per lei erano sempre più gravosi.
Poi Oscar aveva iniziato a sentire delle stonature nelle parole della regina e, nonostante volesse molto bene alla donna che le stava parlando, per qualche secondo non si capacitò di come aveva potuto essere al suo servizio per vent’anni, poiché quella durezza (forse inasprita dal dolore per la morte del figlio) mal si confaceva a colei di cui ricordava ancora le sembianze di ragazzina: in quei giorni a Parigi sarebbero arrivati gli eserciti di frontiera, compresi alcuni contingenti stranieri. Una volta in città, avrebbero risposto con le armi alle proteste del popolo, in modo da ripristinare la situazione a prima degli Stati Generali. La regina, voltandosi e guardandola negli occhi, le aveva detto che in caso di pericolo, avrebbe tanto voluto averla vicino.
Riavutasi dalla sorpresa di sentire che la Famiglia Reale, che apparentemente sembrava stesse assecondando le richieste dell’Assemblea Nazionale e, per conseguenza, del popolo, in realtà stava progettando un violento contrattacco al Terzo Stato, preferì non rispondere, non sapendo sinceramente in quel momento cosa dire e cercò una scusa per congedarsi, promettendole che sarebbe ritornata appena le fosse stato possibile.
In realtà quel colloquio l’aveva disorientata non poco e non solo per la rivelazione di cui Maria Antonietta l’aveva fatta partecipe.
Lo scopo di quell’udienza era quello di ringraziare Sua Maestà ma, nel momento stesso in cui aveva motivato la sua presenza sostenendo che aveva avuto una mancanza molto grave si era chiesta in cuor suo il perché della gravità di ciò che aveva fatto e, soprattutto, quale fosse stata in effetti la sua “mancanza”.
Da quanto gli interessi della Famiglia Reale e quelli del popolo erano diventati così diversi?
Per giusta regola, il popolo era suddito del re il quale, forte del suo potere e della sua posizione, aveva il compito di
garantirgli ricchezza e prosperità. Non dovrebbero esistere conflitti tra le due figure[1] e, anche qualora ce ne fossero, compito del re sarebbe quello di appianare e, da buon padre per il suo popolo, ascoltare le richieste e cercare di accontentarle e riteneva che usare le armi fosse controproducente, sia dal punto di vista umano, che dal punto di vista delle conseguenze sulla nazione.
E la domanda che più le martellava il cervello, era una. Più del pensiero di André, che aveva deluso di nuovo qualche giorno prima e con cui non riusciva a trovare un momento, una situazione atta a dargli tutte le spiegazioni che gli doveva e che gli scoppiavano dal petto sempre più ogni giorno che lo vedeva, apprezzandone non soltanto quegli aspetti che già conosceva in lui e che lo rendevano uno degli uomini più buoni e gentili che avesse conosciuto, ma anche tutto quello a cui non aveva mai badato, come l’intensità del suo sguardo, che le suscitava qualcosa di più della dolcezza e della sicurezza che vi aveva sempre scorto e il modo di camminare e le proporzioni del suo corpo, ignorate per molti anni, o il modo in cui le si rivolgeva, con una voce che pareva carezzarle l’anima.
Ciò che tormentava la sua mente era decidere cosa scegliere. Eh si, perché prima o poi avrebbe dovuto scegliere quale strada prendere, da quale lato della barricata far parte.
Tante volte era stata testimone di crudeltà e prevaricazioni da parte del suo ceto nei confronti dei meno abbienti; aveva sempre pensato che il problema non fosse da ricercare nel mondo in cui viveva, ma nei soggetti specifici: la presunzione della Du Barry, la crudeltà del duca di Germain, la falsità e il raggiro della contessa di Polignac.
Non che avesse cambiato idea in tal
senso, perché rimaneva dell'idea che sono i singoli uomini a fare del male e non
certo la classe sociale. Eppure il problema che si presentava dinanzi era
proprio un problema tra ceti, che travalicava il singolo individuo. Sempre ben
disposti a destinare i propri spiccioli alle opere di carità, pochi nobili
avrebbero rinunciato a quei privilegi fiscali a favore del prossimo.
Il problema dei privilegi fiscali era solo la scintilla che aveva fatto
scoppiare l'incendio, poiché in realtà i motivi di quei conflitti riguardavano
essenzialmente il riconoscimento di diritti legittimi quali la libertà e
l'uguaglianza.
Davanti al camino, con un calice di vino rosso in mano, sperava che i suoi timori fossero infondati e che prima o poi qualcuno si sarebbe svegliato e avrebbe convinto il re di accettare le sacrosante richieste dell’Assemblea Nazionale e attuare quelle riforme di cui la popolazione aveva bisogno. Pensava che non era possibile che il re fosse attorniato da persone così cieche e prive di un briciolo di lucidità per capire che non c’era una via migliore alla risoluzione dei problemi. Ma poi, quando svolgeva il suo servizio in città insieme ad André e Alain, realizzava l’inevitabilità degli eventi e il suo pensiero tornava di nuovo a lei, a ciò che avrebbe dovuto fare.
**
Sentì la porta del suo ufficio bussare e subito dopo sentì una voce familiare che la informava che gli uomini erano pronti per andare a Parigi. Non ebbe neanche il tempo di rispondergli che un colpo di tosse l’assalì improvvisamente, costringendola a portarsi il fazzoletto davanti la bocca, sperando che non si macchiasse di rosso come succedeva da qualche giorno.
«Vengo subito André.. Fra cinque minuti scendo»
Disse con un po' di fatica prima del sopraggiungere del successivo colpo di tosse. Non si voltò nemmeno verso di lui, perché non voleva che si accorgesse degli occhi lucidi per lo sforzo di quella tosse insopportabile e il malessere generale che sentiva dentro.
«Oscar ma..!»
«Non mi sento troppo bene.. credo.. credo di avere un po’ di febbre.. Di’ ad Alain di prendere il comando dei soldati della Guardia addetti al servizio d’ordine».
«Va bene Oscar.. Agli ordini comandante»
Aveva concluso uscendo dall’ufficio del comandante facendo finta di niente.
In realtà anche André cominciava a sentire il peso di quella situazione.
Per prima cosa, Oscar.
Si accorgeva che in lei si stava operando un certo cambiamento, di idee probabilmente, ma anche l’atteggiamento che aveva nei suoi confronti rivelava un qualcosa di nuovo e di diverso che non c’era mai stato prima. Anche se quella sera di qualche settimana prima era rimasto profondamente deluso dalla passività dimostrata davanti al padre, quel gesto di tenerezza che aveva manifestato successivamente, con cui aveva risposto alla sua rabbia trattenuta, l’aveva completamente svuotato. Non era soltanto la vicinanza che lei aveva cercato, avvicinandosi a lui e facendosi abbracciare, cosa che ovviamente l’aveva riempito già di per sé di una gioia inattesa, ma il cosa fosse successo in lei al punto da farle avere quell’atteggiamento di resa incondizionata che in passato mai avrebbe assunto. Tutto questo, insieme all’episodio di Saint Antoine e al modo in cui il loro rapporto si era.. rasserenato? portava tante volte l’uomo a sperare che lei potesse corrispondere il suo amore prima o poi, ma si sentiva stanco di lottare, inevitabilmente deluso e amareggiato dagli eventi passati. Continuava ad amarla ed avrebbe fatto qualunque cosa per lei, come del resto aveva sempre fatto. Ma era stanco di cercare un confronto, di ribadirgli per l’ennesima volta l’ovvietà dei suoi sentimenti (come se fosse stato ancora necessario!) e, si era detto che, semmai fosse accaduto qualcosa, semmai i sentimenti di lei avessero mutato forma, non sarebbe stato lui a fare il primo passo, che di primi passi ne aveva fatti tanti, e avrebbe aspettato che fosse lei a dire o fare un cenno.
Celava sotto uno sguardo sereno e un atteggiamento normale la sua preoccupazione per i problemi in atto. Riteneva ormai prossimo il precipitare degli eventi, ma bastava Alain ad illustrare bene le intenzioni del Terzo Stato, ormai stanco dei soprusi delle altre due classi e, in ogni caso, conosceva bene Oscar da sapere che anche lei era molto preoccupata. Inevitabilmente, il servizio con la Guardia Francese le aveva aperto gli occhi su certe cose che non conosceva o che aveva visto molto alla lontana, e la sua insubordinazione all’ordine di Boullé ne era la prova. Inoltre, era stata sua l’idea di far intervenire il popolo chiedendo a Bernard di arringare la folla, dichiarando l’ingiustizia della prigionia di Alain e degli altri undici soldati e gli erano rimaste impresse le parole con cui aveva accolto Alain all’uscita della prigione, dicendogli che il merito era del popolo, non suo.
Ma, se fosse scoppiato un conflitto aperto, lei che parte avrebbe avuto? E lui?
L’idea di uccidere gente innocente che si batteva per dei giusti diritti, che lui tra l’altro condivideva ampiamente, era da ritenere una cosa inconcepibile ma avrebbe potuto lasciare Oscar dall’altra parte della barricata? Anche quest’idea era da escludere.
Certo, per lui sarebbe stato semplice, se non fosse stato per il suo amore nei confronti di lei, lasciare l’uniforme e battersi col popolo, ma per Oscar? Dopo le sue recenti reazioni, e conoscendola bene, era sicuro che neanche lei avrebbe accettato l’ordine di sparare ai cittadini di Parigi ma, in questo caso, avrebbe avuto il coraggio di abbandonare tutto? Per lei non sarebbe stato soltanto lasciare l’uniforme e non rispettare dei precisi ordini: avrebbe dovuto rinnegare tutta la sua vita, tutto il suo passato, il suo ceto e, soprattutto, la famiglia che nonostante tutto amava tanto. Sarebbe stata una scelta difficile, André lo sapeva, e comprendeva la difficoltà di una scelta del genere..
Aiutarla? Dirle cosa pensava lui della situazione?
Lo sapeva già: in occasione della caccia al Cavaliere Nero, le aveva rivelato le sue uscite notturne e il suo pensiero in merito al modo di vivere delle diverse classi sociali.
Anche a Parigi, intanto, si respirava un’atmosfera di attesa: vedere gruppi di gente manifestare in strada era ormai cosa all’ordine del giorno e la presenza degli eserciti di confine non faceva altro che inasprire gli animi della popolazione, che si sentiva praticamente prigioniera nella propria città. Anche l’Assemblea Nazionale aveva richiesto al re di mandare via le truppe ma questi aveva risposto che la presenza degli eserciti era necessaria per garantire una maggiore protezione alla stessa Assemblea e alla città. Pochi, però, credevano a questa giustificazione e lo stesso Robespierre, in un incontro segreto con il ministro delle finanze Necker, aveva pregato il banchiere ginevrino di far pressioni al sovrano affinché si passasse ad una riforma costituzionale ma soprattutto fiscale, che costringesse clero e nobiltà a pagare le tasse e coprire così l’enorme debito pubblico accumulatosi negli anni.
*
In quei giorni Oscar aveva deciso di farsi fare un ritratto. Non era mai stata avvezza a questo tipo di cose e sia il padre che la governante si erano stupiti di veder arrivare a palazzo Jarjayes monsieur Armand, incaricato di fare un ritratto di Oscar de Jarjayes commissionato dalla stessa interessata.
Nell’inevitabilità degli eventi aveva sentito la necessità di fermare qualcosa, di fermare se stessa. Ogni giorno, dopo il servizio in caserma, salvo imprevisti, sarebbe tornata a casa.
André si era stupito di trovarsi nelle mani, un pomeriggio, un permesso che consentiva anche a lui di tornare e trascorrere la notte a casa.
Oscar aveva deciso di dare a turno delle licenze a tutti gli uomini della sua compagnia. Non sapendo se e quando avrebbero ricevuto l’ordine di intervenire, voleva dare la possibilità a tutti di trascorrere un po’ di tempo in più con la propria famiglia, nel limite del possibile e senza creare disservizi.
Mentre il pittore le chiedeva di rimanere ferma affinché potesse riprodurre su tela la posa e l’espressione del viso della donna, le diceva di averla già vista, tanti anni prima, in occasione della prima visita a Parigi della delfina e confessava di essere rimasto stupito non tanto dalla bellezza di Maria Antonietta ma da quella del giovane capitano di scorta alla carrozza. Lo sguardo così dolce e al contempo freddo e attento, il contegno serio e determinato di un giovane soldato con le fattezze di una donna bellissima nei fiore degli anni, inconsapevole del fascino emanato dalla sua persona, era stato ciò che aveva catturato la sua attenzione e confessava di essere stato felice di avere avuto la possibilità di farle un ritratto.
Oscar, amaramente, ammetteva di ricordare soltanto che era una splendida giornata e, come una freccia, le passò davanti l’immagine di una giovane Maria Antonietta, così dolce e pura nel suo sorriso e nel timido saluto alla folla, da discostarsi nettamente con la donna che gli aveva concesso un’udienza qualche tempo prima.
La donna chiuse gli occhi e appoggiò la testa allo schienale della poltrona, come vinta dall’essersi resa conto da tutti gli inevitabili cambiamenti degli ultimi vent’anni, assumendo una posizione che rivelava tutta la sua stanchezza morale e altrettanto fisica, tanto che il pittore la pregò di riposare e aggiunse che per quel giorno era abbastanza e che sarebbe tornato il giorno dopo per continuare il lavoro.
Fu un bene perché la donna, appena l’uomo ebbe lasciato la stanza, crollò sulla sedia, toccandosi la fronte: aveva la febbre alta perché la testa le stava scoppiando e, nonostante il mese di luglio fosse arrivato, portando con sé la mitezza dell’estate, brividi di freddo le percorrevano le membra, facendola sudare e rabbrividire contemporaneamente.
Prima o poi sarebbe dovuta andare dal dottor Lassonne. Anche perché l’esito della visita avrebbe implicato tutta una serie di conseguenze che, al momento, non si sentiva di affrontare.
André più di ogni altro.
Si alzò dalla poltrona accanto alla finestra e aprì la porta a vetri sul balcone, affinché l’aria fresca del parco potesse darle un qualche sollievo.
*
«Oh André, bentornato»
«Ciao nonna. Scusami, chi era quell’uomo che ho visto andare via entrando?»
«Ma come André, non lo sai? È il pittore che è stato incaricato di fare un ritratto ad Oscar»
«Un ritratto ad Oscar?»
«Si, è stata lei stessa a chiamarlo»
André conosceva bene il suo comandante, tanto da capire che la richiesta di Oscar di farsi fare un quadro non era dettata da pura vanità.
Decise di salire in camera sua. Nessuno rispose al colpo che diede alla porta ma si decise ad entrare lo stesso. La vista continuava a peggiorare ed entrando nella camera venne investito da un bagliore intenso, dovuto alla finestra aperta e alla luce che entrava nell’ambiente. Dopo qualche secondo gli occhi si abituarono alla luce della stanza e si accorse che Oscar era fuori; gli dava le spalle e i suoi capelli erano mossi da una folata di vento più forte delle altre.
In quel momento André ebbe la sensazione che il tempo si fosse fermato e ritornò con la mente a tanti anni prima quando entrava nella stessa stanza e veniva accolto da un sorriso che lo invitava ad entrare e poi a rimanere per ascoltare il brano che Oscar stava suonando al piano e dopo il quale, ad eccezione di quando rimanevano nell’anticamera a scambiare quattro chiacchiere, lui si congedava augurandole la buona notte o invitandola a scendere, quando sarebbe stata pronta, per la gara di pistole, o la cavalcata, che avevano stabilito di fare poche ore prima.
Si fece avanti, raggiungendola sul balcone.
Lei riconobbe immediatamente il suo passo e senza neanche voltarsi:
«André.. che cosa succede a Parigi?»
«Parigi è piena.. di soldati»
La donna fece un cenno di assenso, sospirando a fondo come per meglio accettare quella situazione.
Entrambi vennero avvolti da una profonda tristezza e un senso di malinconia verso un passato splendente che li aveva visti in qualche modo felici, anche se non avevano mai ottenuto quella felicità che avevano ricercato per tanti anni.
Lui si avvicinò, travalicando per un attimo quel confine che si era imposto di rispettare perché, per quanto si sforzasse di rimanere in disparte, non riusciva a rimanere indifferente di fronte al suo tormento.
«Che cosa mi nascondi?»
Colpita e affondata, si direbbe.
«Niente, André..»
«Ho perduto un occhio, è vero.. ma riesco a vedere bene dentro di te.. non mentirmi..»
Si voltò quasi incredula ad osservare quell’uomo che le era stato accanto per più di venticinque anni, che l’aveva vista crescere e cambiare e diventare donna per un altro e che per la prima volta in vita sua le diceva apertamente di conoscerla bene dentro e di pretendere di sapere cosa gli stesse nascondendo.
Non provò rabbia la donna, per essere attaccata così direttamente nell’intimità del suo pensiero, dei suoi sentimenti, ma si sentì rassicurata, consapevole che lui era da sempre l’unica persona che le voleva bene così com’era.
«Parla..»
Una supplica portata via dal vento.
Oscar gli si avvicinò di qualche passo, arrestandosi per fissarlo negli occhi e constatando che così facendo si sentiva un po' meno triste.
Avrebbe voluto dirgli tante cose e forse quel momento di calma e apparente e malinconica serenità poteva essere quello giusto ma l’unica cosa che riuscì a dirgli, distogliendo lo sguardo per non vedere di nuovo delusione nei suoi occhi, era che il giorno dopo sarebbe andata con lui a Parigi.
*
11 luglio
L'apparente calma dei giorni precedenti si trasformò in un vero e proprio cataclisma quando cominciò a circolare la notizia che il ministro Necker, ostacolato nel mettere in atto le riforme proposte al re, era stato costretto a dimettersi. Egli rappresentava l'unica possibilità da parte del popolo di ottenere le manovre fiscali necessarie al paese. Dimettendo il ministro il re mostrava di non voler prendere in considerazione le proposte dell'Assemblea Nazionale e di porsi, di conseguenza, in netto contrasto con essa. A quel punto lo stesso Robespierre, che aveva cercato fino a quel momento di ottenere dei risultati utilizzando il dialogo e la diplomazia, aveva infine ordinato agli oratori del suo gruppo di iniziare a sobillare la folla contro la famiglia reale.
«Ho sempre predicato la pazienza. Ho sempre detto che la parola è la nostra arma migliore! Ma, a questo punto, siamo costretti ad armarci! Cittadini! Raccogliamo tutte le armi e combattiamo insieme!»
La battaglia aveva inizio.
*
No, non poteva permettere che tutto andasse a rotoli. La furia della gente nell'apprendere che Necker si era dimesso le aveva chiaramente mostrato quello che sarebbe successo se la famiglia reale non avesse fatto un passo indietro.
«Devo assolutamente parlare con Sua Maestà. André, di' ad Alain di prendere il comando»
La strada da Parigi a Versailles non le
era sembrata mai così lunga come in quel momento. César correva veloce come il
vento mentre il sole cominciava a morire dietro l'orizzonte.
Entrando nel cortile d'onore della reggia, si guardò intorno in cerca di
qualcuno a cui affidare il cavallo. Si avvicinò uno dei soldati della guardia
reale che, riconoscendo il suo ex comandante, le aveva chiesto cosa potesse fare
per aiutarla.
«Vorrei avere un'udienza con Sua Maestà la Regina: è una questione della massima urgenza!»
Dopo una serie interminabile di
passaparola con altri soldati, le venne comunicato che la regina si trovava nei
giardini sul retro del padiglione centrale. Scese velocemente dal suo destriero,
affidandone le redini al soldato che l'aveva aiutata e si diresse direttamente
verso il luogo designato.
La regina non era mai stata avvezza all'etichetta e, accorgendosi del biondo
comandante che si avvicinava verso di lei con passo deciso e con un contegno
molto grave, fece cenno agli amici che la seguivano nelle passeggiate di
allontanarsi.
Appena le due donne rimasero sole, Oscar si inginocchiò dinanzi alla regina
andando direttamente al punto della situazione:
«Ve ne supplico, Maestà, fate in modo che i soldati lascino immediatamente Parigi. Perché qualunque cosa accada bisogna evitare uno scontro tra il popolo e la Famiglia Reale»
«Si Oscar, ma se accadesse questo, voi mi resterete vicino per difendermi?»
«Maestà io.. io ho lasciato da tempo la Guardia Reale.. lo sapete..»
La regina sgranò i suoi grandi occhi
azzurri, stupita delle parole della donna. Non era solo una questione di
incarichi: ne erano consapevoli entrambe.
Oscar si stupì delle proprie parole, uscite quasi d'istinto dalle sue labbra.
Fino a quel momento era stata assalita da centinaia di dubbi e ripensamenti
mentre adesso nella sua mente e nel suo cuore si era fatta strada la
consapevolezza di non poter accettare compromessi ed ebbe la certezza del posto
che avrebbe assunto.
Non riuscì però a frenare le lacrime per quell'implicito addio che stava dando
alla sua sovrana, a quella donna che aveva conosciuto da bambina, che aveva
giurato di proteggere e a cui non avrebbe mai creduto di poter dire addio. Anche la
regina, consapevole dei sottintesi nella risposta della sua cara amica, addolcì
il suo sguardo e si commosse perché quella con Oscar era stata forse l'amicizia
più sincera e disinteressata che avesse avuto ed era sinceramente addolorata per
quell'addio.
«Vi prego.. richiamate i soldati.. Maestà, voi non dovete assolutamente permettere che la Famiglia Reale punti le armi contro il popolo»
«Non posso farlo. Mi dispiace»
Ad Oscar non restò nient'altro che chinare il capo in segno di saluto accettando l'irreversibilità di quella risposta; senza aggiungere altro si alzò, si voltò dall'altra parte e cominciò ad allontanarsi.
«Oscar! Perché.. piangete come se ci vedessimo per l'ultima volta, Oscar..? Io spero di rivedervi..»
Si arrestò sui suoi passi, colpita dal
tono addolorato e quasi supplichevole della regina che, comprendendo pienamente
la propria pena nel lasciare andar via la sua amica, si illudeva di aver quasi
interpretato male le sue intenzioni.
Ma il tono con cui Oscar le rivolse il suo «Anch'io Maestà..», anche se
apparentemente accondiscendente, le permise di capire fino a che punto gli
eventi in corso le avevano poste in due posizioni diverse.
Mestamente il comandante raggiunse il suo cavallo nel cortile d'ingresso, ringraziò il soldato che si era occupato di lui in sua assenza e si diresse in direzione di Parigi, dove si trovava la residenza del dottor Lassonne.
Il sole era tramontato definitivamente.
Fine Parte Decima
Cetty (mail to: cetty_chan@virgilio.it)
[1] Anche durante la Fronda, prima della presa al potere di Luigi XIV, c’era stato un conflitto tra “corona” e “popolo” ma, più che contro il popolo, erano gli stessi nobili a voler rovesciare il potere regale.