LE PAROLE E IL SILENZIO

Parte Ottava

 

Illuminata dal sole del mattino, Oscar percorse a passi spediti il vialetto che conduceva alla scuderia, mossa dalla certezza di trovarci André già pronto ad accompagnarla in caserma; non era in cucina per la colazione, quindi di sicuro doveva essere già uscito a preparare Alexander. Oscar entrò senza esitazione nell’ambiente buio e si guardò attorno per cercare traccia dell’amico; con sorpresa, constatò che Alexander era ancora al suo box, senza sella, e che André non era lì. Oscar rimase in attesa solo pochi istanti e poi, rapidamente spazientita e già contrariata, con passo marziale si diresse verso la porta.

Fu proprio varcando, con lo sguardo basso e corrucciato, la porta della scuderia, che sussultò trovandosi di fronte André che invece stava facendo il suo ingresso, andandoci quasi a sbattere contro.

“Eccoti, finalmente!” esclamò Oscar senza celare il suo disappunto “ma dove …” e poi le morirono le parole in gola, perché alzando gli occhi, stentò a credere a quello che aveva visto.

“Buongiorno, Comandante!” le sorrise André accennando un saluto militare, visibilmente soddisfatto nel notare l’espressione sorpresa di Oscar.

Lei, infatti, non si era ancora ripresa dal vederselo di fronte in uniforme, mentre, secondo le indicazioni del medico, avrebbe dovuto restare a riposo ancora per qualche giorno. “André, ma tu non dovresti …?”

“Dai Oscar, sto bene …” e così dicendo le mostrò di poter muovere liberamente il braccio destro “In fondo mi basterà evitare di duellare … e sperare di non avere turni di guardia troppo impegnativi!” le disse con fare sornione, ben sapendo che i suoi eventuali incarichi sarebbero dipesi unicamente da lei.

“Ma André …”

“Allora, viaggi sul mio Alexander, o ti preparo un altro cavallo?” e con queste parole André si accinse a sellare Alexander, apparentemente spavaldo, anche se in realtà nel suo animo nascondeva una certa tensione, al pensare alla possibilità reale di viaggiare con Oscar tra le braccia ….

“Beh …” Oscar si fermò solo un istante, come per riflettere, ma di fronte all’immagine di André che attendeva risposta mentre procedeva a preparare il suo stallone con gesti sapienti e sicuri, non seppe resistere “… vada per Alexander!”

André era quasi incredulo … Oscar non aveva mai voluto cavalcare con altri, né tantomeno con lui, nemmeno da ragazzina! E ora accettava di farsi portare in sella da lui su Alexander … Nascose il sorriso sorpreso che illuminò il proprio viso voltandosi  per condurre il cavallo al di fuori della scuderia. Oscar lo stava davvero spiazzando … La vide accodarsi a loro con naturalezza e, mentre lui reggeva le redini, saltare agile su Alexander, fissandolo poi in attesa che la seguisse, con sguardo eloquente, picchiettando la mano sul cuoio, dietro di sé. André, senza farla attendere oltre, si posizionò alle sue spalle, e Oscar lo sentì che, con un gesto delicato e rispettoso, si sistemò sulla sella in modo da non rimanere troppo addosso alle sue reni. Con un colpo delle staffe, André spronò Alexander; così, per la prima volta insieme in sella, poterono avviarsi verso la Caserma.

 

Il tragitto che percorsero per raggiungere Parigi in sella ad Alexander, non parve mai più breve ai due; rimasero entrambi in silenzio, come spesso avevano fatto quando, cavalcando affiancati, avevano coperto lo stesso percorso, ma questa volta il loro silenzio fu decisamente diverso. Oscar teneva il capo basso, e non osava nemmeno alzarlo, nella consapevolezza che così facendo avrebbe finito per appoggiarlo quasi al petto di André; si sentiva già sufficientemente turbata dal percepirlo così vicino a sé, alle sue spalle, contro la sua schiena, che temeva che anche solo un minimo movimento potesse tradire il suo tumulto interiore; avvertiva il suo respiro regolare e riusciva a distinguerlo chiaramente, nonostante l’ondeggiare ritmico di Alexander. André, dal canto suo, reggeva saldamente tra le mani le redini tenendo le braccia ai lati del corpo di Oscar facendo attenzione a non stringerla troppo a sé; tuttavia faticava a tenersi calmo, perché investito dal suo profumo e solleticato in viso dai suoi capelli gli risultava impossibile restare indifferente alla sua presenza.

André aveva desiderato quell’esperienza di condivisione per anni, bramando di poterla stringere a sé con la scusa di una cavalcata che lei non gli aveva mai concesso, mentre Oscar si era scoperta solo da poco a cercare di stare il più possibile a contatto con l’amico di una vita, ma per entrambi quello si rivelò un momento non facile da affrontare … nel tentativo costante di tenere a freno le proprie emozioni e, soprattutto, di celarle all’altro.

Giunti a poca distanza dall’accesso alla Caserma, André fermò Alexander e, con un balzo, scese di sella; poi si rivolse a Oscar, porgendole le redini “Tieni, Oscar, tu prosegui con Alexander, io ti seguo a piedi …”

“Ma André …?” Oscar fu sorpresa e quasi delusa al sentir mancare il calore di André alle sue spalle.

“Vuoi davvero che tutti i tuoi uomini vedano il Comandante giungere in Caserma in sella con il soldato Grandier?” le chiese ridendo, per farle comprendere il suo gesto; in realtà, nel cuore di André aleggiava ancora il dubbio che Oscar preferisse non mostrarsi agli occhi di un soldato in particolare … ed ebbe riguardo nei suoi confronti.

“Beh … forse hai ragione, soldato Grandier!” gli rispose ridendo a sua volta Oscar … e insieme arrivarono alla Caserma, dove poi si salutarono scambiandosi un lieve cenno del capo. André si prese cura di Alexander portandolo nella scuderia, mentre lei raggiungeva il suo ufficio, il tutto sotto lo sguardo sorpreso e divertito del soldato Soisson.

 

Il rientro in Caserma, non fu difficile per André, ormai abituato all’austerità della vita da soldato, come alla presenza spesso quasi insolente dei suoi compagni; quello che gli risultò più arduo, fu accettare di non potersi avvicinare ad Oscar se non quando reso necessario dalla rigida scansione della giornata militare, dove i momenti erano stabiliti in modo piuttosto monotono e invariabile. Sebbene nel suo animo percepisse chiaramente che l’atteggiamento di Oscar nei suoi confronti fosse mutato dopo l’incidente a saint Antoine e dentro di sé custodisse gelosamente le emozioni provate nei momenti condivisi in quegli ultimi giorni a Palazzo, tuttavia il tarlo del dubbio si era insediato nel suo cuore già provato da tanta sofferenza, e anche di fronte ai segnali che Oscar era riuscita a dargli, André non si permetteva di abbandonarsi al pensiero di poter ambire a vedere ricambiati i suoi sentimenti per lei. Riuscire a incontrarla anche solo per un attimo, mentre le consegnava un dispaccio nel suo ufficio, o semplicemente quando dal cortile la vedeva spostarsi dal suo ufficio a quello del colonnello, percorrendo il corridoio finestrato che disimpegnava l’ala degli ufficiali della caserma, in passato gli era stato di conforto, come una boccata d’aria; ora, invece, questi momenti arrivavano a lacerarlo, facendogli pesare come mai prima la sua lontananza da lei.

In quei giorni, così come in passato, Oscar continuava a chiedere che fosse proprio André ad occuparsi della consegna dei suoi dispacci e di raccogliere i suoi ordini per poi riportarli agli altri; il suo ruolo di attendente, sebbene in realtà egli non lo fosse più in modo ufficiale, lo aveva sempre messo in una relazione di fiducia con il Comandante, tanto da avergli procurato in molti casi il risentimento e la diffidenza dei compagni. Dal suo rientro, tuttavia, si era recato in ufficio più spesso, su richiesta di Oscar; si era anche reso conto che in alcune occasioni, lei lo aveva fatto chiamare con largo anticipo, rispetto alla reale necessità, trovandosi poi rimanere in attesa che lei terminasse il suo lavoro. In quei frangenti, Oscar lo invitava ad accomodarsi sulle sedie dell’ufficio e a leggere dei documenti, ma a lui non era certo sfuggito il fatto che, pur cercando di apparire assorta nei suoi impegni e di tenerlo occupato nella lettura, lei gli lanciasse delle occhiate furtive, cercando di nascondersi alla sua vista.

Inoltre, il fatto che il recupero del suo braccio non fosse ancora completo, e che Oscar ne fosse pienamente consapevole, aveva fatto sì che proprio il Comandante avesse evitato di assegnare André ai delicati turni di pattuglia notturni e che lui potesse fare a meno di partecipare alle esercitazioni con la spada e con le armi da fuoco. Perciò André, per alcuni giorni, dopo il suo rientro, si trovò ad occuparsi per lo più della consegna dei dispacci e dei turni di guardia alla Caserma.

Intanto, proprio sbrigando i suoi incarichi interni, cercò risposte per i suoi dubbi. André osservava costantemente i movimenti degli altri soldati alla presenza di Oscar, ascoltava i loro discorsi, cercava di notare comportamenti insoliti. Lei sembrava costantemente occupata dai dispacci che arrivavano in preparazione degli Stati Generali, e spesso se ne stava chiusa nel suo ufficio, a sbrigare questioni burocratiche o discutere con altri ufficiali suoi pari. La vedeva, trascorreva del tempo con lei, anche se non era mai sufficiente per placare i moti del suo animo; l’unico particolare che riuscì a notare, fu il fatto che, vista la sua impossibilità a seguire direttamente i suoi soldati, Oscar avesse deciso di affidare la guida delle esercitazioni con le armi ad Alain. E questo, in fondo, se da un lato, non lo sorprese, perché Alain era indubbiamente il soldato più abile con le armi, tra quelli comandati da Oscar, dall’altro riuscì solo ad aumentare la sua preoccupazione nel vedere il suo Comandante così legato a quel soldato particolare dal carattere insolente.

 

“Allora, com’è che non ci fai più compagnia nelle ronde notturne, Grandier?” la voce di Alain risvegliò André dai pensieri in cui sembrava assorto, mentre scrutava il cielo, standosene seduto sui gradini di accesso all’ala con gli uffici della Caserma, con il fucile tra le braccia, durante l’ennesimo turno di guardia interna. Non si era accorto della presenza del soldato al suo fianco.

“La funzionalità del mio braccio non è ancora completamente recuperata …” la risposta giunse atona.

“Il Comandante mi ha spiegato dell’aggressione, e di quello che ti è accaduto. Ma a giudicare dal tuo sguardo, c’è qualcosa d’altro che non si può recuperare …” il tono di Alain ora era canzonatorio.

“Stai zitto, Alain. Non sono cose che ti riguardano.”

“Oh, mi riguardano eccome … visto che …”

“Zitto!” inveì André, che a quelle parole sentì montare nell’animo una frustrazione e una rabbia difficile da nascondere nei confronti di Alain. Aveva inteso che lui si riferisse di nuovo ai suoi sentimenti per Oscar … ma aveva anche pensato che le sue insinuazioni fossero motivate da una possibile attenzione di lei nei suoi confronti … era gelosia, quella che sentiva?

“Come siamo nervosi, soldato Grandier! … e sì che dovresti essere felice di essere rientrato in servizio insieme al tuo Comandante! Già, perché ce l’hai proprio accompagnata, in servizio, eh? E così anche lei, quando si deciderà finalmente ad uscire dal suo ufficio e a lasciare le sue scartoffie, forse tornerà quella di prima!”

Andrè si voltò sorpreso verso Alain “Quella di prima? ...”

Già, André, avresti dovuto vedere il nostro Comandante in questi giorni … Mi costa ammetterlo, ma nonostante il suo aspetto rigido e altero, sembrava come … distratto, preoccupato. Pareva che gli costasse uno sforzo immane restare in Caserma, e che non aspettasse altro che il momento di … tornare a casa. Era fuori di sé … L’ho visto persino parlare al tuo cavallo! – Alain scoppiò in una grassa risata, portandosi istintivamente una mano sugli occhi, ed ebbe un altro scoppio di risa vedendo l’espressione di sincera sorpresa di André - E non dirmi che tu non ne sai niente!” accompagnò queste ultime parole con un’occhiata ammiccante che spiazzò André. Cosa aveva visto, Alain? Oscar era stata davvero così preoccupata e strana, durante la sua assenza dal servizio?

Poi, alzandosi di nuovo e puntandogli l’indice al petto, Alain proseguì “E non dimenticare, André, che da quando sei rientrato tu, il Comandante non è più tornato a casa per la notte nemmeno una volta! … Se non dormissi nella branda accanto alla mia, avrei il dubbio che di notte tu vada a farle visita nel suo appartamento! Uhahahah!” e proseguì a ridere rumorosamente e di gusto, allontanandosi da lui.

Era senza parole, André. Restò a lungo nella stessa posizione, ripensando a quanto appreso da Alain … Oscar preoccupata; Oscar che sembra sempre voler lasciare la Caserma; Oscar che parla ad Alexander … Oscar che ora non rientra più a casa …

 

“André” la voce di Alain lo richiamò dai suoi pensieri, facendolo sollevare dalla branda, fino quasi a sbattere la testa contro la base del lettino sopra il suo. Ancora lui …

Mmh?”

“ Il Comandante ti vuole nel suo ufficio.”

“Oscar mi vuole?”

“Certo … ti sorprende? Fila.” Il tono di Alain non ammetteva repliche alle sue insinuazioni sottili e André aveva preferito recarsi subito da Oscar, che rimanere a discutere con lui. Giunto all’ufficio di Oscar, André aveva bussato e la voce al di là della porta gli aveva dato conferma del fatto che lei riconoscesse ormai anche il suo modo di picchiare sull’uscio.

“Vieni, André.”

“Oscar, mi hai fatto chiamare?”

“Sì, André, visto che non partecipi ai turni di ronda, vorrei che mi aiutassi con i turni di guardia per gli Stati Generali che si apriranno fra due giorni … puoi farlo?” André accolse quella richiesta come l’ennesima occasione per condividere il suo tempo con Oscar e accettò volentieri …

“Certo, Oscar. Dimmi cosa posso fare …” e così dicendo si sistemò sulla sedia di fronte alla scrivania di Oscar.

Lavorarono ai turni di guardia per lungo tempo, predisponendo le posizioni e gli orari dei turni dei vari soldati di guardia. Controllarono più e più volte il tutto, cercando di inserire pause e momenti di riposo … ma fu presto chiaro ad entrambi che questo nuovo incarico avrebbe comportato un carico di lavoro estremamente gravoso per i soldati al comando di Oscar, e per la stessa Oscar. André teneva fra le mani i fogli che aveva appena terminato di leggere, per l’ennesima volta, con aria afflitta.

“Non riuscirai a sostenere questi turni, Oscar ... Dobbiamo trovare una soluzione diversa.”

“Sai che non ce n’è altra … ci abbiamo provato e riprovato …”

“Non puoi permetterti di affrontare questi turni, Oscar! Saranno massacranti anche per noi …”

Silenzio. Oscar guardava André e nei suoi occhi era chiaro quanto avesse compreso che lui aveva ragione …

“Mancano due giorni, André” cercò di parlare in tono conciliante “torniamo a casa, così potrò riposare un po’.”

“Già … sono trascorsi solo pochi giorni, ma dal mio rientro, non hai fatto nessun riposo … mentre dovresti farne. Oscar, tu …” esitò un istante e poi riprese “tu ti stai curando, vero?”

Lei lo guardò con dolcezza, per il suo fare preoccupato e per l’attenzione che continuava a dimostrare nei suoi confronti; ed era vero, dal rientro in caserma di André, lei non aveva ancora preso nessun giorno di riposo … soprattutto per non dover rientrare a casa senza di lui. Ma si stava curando, comunque, assumendo con regolarità i medicamenti che le erano stati indicati dal dottor Lassonne. Così gli rispose con serenità “Certo, André … stai tranquillo, non ho mancato di assumere il medicamento del dottore …, ma credo che tornare a casa questa sera farà bene ad entrambi.” Gli sorrise timidamente … e lui comprese.

“Va bene. Ma io domani tornerò in servizio, mentre tu …”

“Sì, lo so, André … un giorno di riposo. Assoluto riposo …”

La accompagnò, quindi, a casa, la sera stessa, e mentre rientravano silenziosi, con Alexander a fianco di Cesar, entrambi non poterono che ripensare a quando, pochi giorni prima, avevano percorso il medesimo tragitto al contrario, insieme in sella al cavallo scuro … Giunti a palazzo Jarjayes, si fermarono entrambi d’istinto, prima che Oscar potesse varcare il maestoso cancello in ferro dorato.

“André …” la voce di Oscar era un sussurro.

“Sì, Oscar?”

Una esitazione, uno scambio di sguardi ... solo un attimo per comprendere il disagio condiviso del doversi separare, rinunciando alla compagnia dell’altro.

“Grazie, André … e fai attenzione … niente esercitazioni, niente ronde: l’ho lasciato detto al colonnello …”

“Certo, Oscar. Ma non devi preoccuparti, davvero … E tu, riposa … sei così affaticata …”

Era così difficile lasciarsi? Ora anche Oscar sembrava esitare … Nel suo cuore avrebbe voluto avvicinarsi a lui, magari allungare una mano fino al suo braccio, o addirittura abbandonarsi a uno dei suoi abbracci caldi e capaci di infonderle una pacatezza che niente altro sapeva donarle …

Oscar si limitò a sorridergli un ultimo istante, poi spronò Cesar e varcò il cancello, sollevando il capo, mettendo dritta la schiena, indossando la solita maschera, per l’ennesima volta.

Un giorno interno senza Oscar. Lui in Caserma, lei a casa. Faticava a ricordare da quanto non accadesse … ma ora questa situazione gli stava pesando più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Certo, aveva i suoi consueti turni di guardia interna, e la cura di Alexander, la pulizia delle armi … e poi Alain gli aveva chiesto di affiancarlo nell’organizzazione delle esercitazioni, pur senza parteciparvi in prima persona. Ma la giornata sembrava infinita … senza di lei. O meglio, con la consapevolezza che lei non fosse lì, in caserma …

A sollevarlo da quei pensieri fu una visione della quale avrebbe fatto volentieri a meno: dall’accesso al cortile della Caserma, André aveva visto comparire una figura a cavallo. Fissò lo sguardo affaticato su quella figura che avanzava nella sua direzione lentamente, al passo, finché riuscì a riconoscere l’uniforme azzurra, la sua chioma castana … e comprese di chi si trattasse; mormorò tra sé Girodel? …”

 

“André? … Andrè Grandier?” Girodel era fermo davanti ad André e aveva dimostrato una leggera sorpresa, mista a disagio, nel riconoscerlo.

“Maggiore Girodel … buongiorno” André rispose al saluto di Girodel chinando il capo, nonostante l’innata sensazione di fastidio che la sua presenza gli suscitava: il solo pensiero di quell’uomo che poteva definirsi fidanzato della sua Oscar, era sufficiente a chiudergli lo stomaco in una morsa.

“André, io ho desiderio di incontrare Madamigella Oscar … ehm … il Comandante Jarjayes … Lui …, cioè lei … è presente in Caserma? E’ nel suo ufficio?” il disagio di Girodel ora era evidente, misto a sincera speranza.

André si sentì quasi sollevato nel rispondere al Maggiore “Mi dispiace Maggiore, ma Oscar non è in Caserma, oggi” e istintivamente la chiamò per nome, come a ricordare all’uomo che gli stava di fronte quanto fossero legati “Osserva un giorno di riposo.”

L’espressione di Girodel si fece mesta e delusa, mentre i suoi occhi chiari vagarono qualche istante sul selciato del cortile. “Ah capisco … dunque si trova a palazzo, immagino …” Girodel fece una pausa, rimanendo un attimo pensieroso; poi si rivolse di nuovo ad André, con la misurata gentilezza che gli era usuale “E tu, André? Le tue condizioni di salute sono migliorate? La governante mi ha accennato a quello che vi è accaduto … all’agguato alla carrozza della famiglia Jarjayes da parte di quella massa di popolani … all’aggressione che avete subito …” Girodel si stava certamente riferendo alla sua visita a palazzo di qualche sera prima, quando Oscar non aveva voluto incontrarlo, e André faticò a nascondere la sua inquietudine.

“Vi ringrazio del vostro interessamento, Maggiore Girodel. Oscar si è ripresa completamente da quanto accaduto a saint Antoine e, per quanto mi riguarda, il mio braccio sta recuperando la sua funzionalità …” volutamente, André non accennò a chiedere quando Girodel avesse incontrato sua nonna e nemmeno al motivo per cui Oscar era rimasta a riposo.

“Infatti, vedo che puoi fare uso del fucile …”

“Sì, Maggiore, sono rientrato in servizio da qualche giorno, ormai.”

“Beh … fai comunque attenzione, André. Le armi da fuoco sono delicate, devono essere maneggiate con estrema cura e il tuo braccio potrebbe risentirne …” Girodel aveva tenuto lo sguardo sul braccio destro di André, ma poi lo alzò fissandolo nei suoi occhi verdi e continuò con tono pacato “… ma so bene che tu sei avvezzo a tenere fra le braccia ciò che è delicato …  e soprattutto prezioso …”

André non abbassò lo sguardo da quello di Girodel, ma a quelle parole il suo cuore sembrò fermarsi. Non gli fu difficile cogliere nella frase del Maggiore il sottile riferimento alla sua visita a palazzo Jarjayes, e maturare la certezza del fatto che l’uomo lo avesse scorto tra gli alberi insieme a Oscar, così come aveva temuto quella sera vedendolo indugiare di fronte a loro. Avrebbe voluto rispondere alle parole di Girodel … ma questi riprese “Bene, allora mi recherò subito a palazzo Jarjayes. Madamigella Oscar dovrebbe potermi ricevere … ora. Arrivederci, André. Riguardati.” E con un leggero sorriso il Maggiore voltò le spalle ad André, per tornare in sella e allontanarsi da lui, mentre il soldato rispondeva “Certamente. Buona giornata, Maggiore …” cercando di nascondere al meglio il disagio che quella notizia gli aveva procurato.

 

La giornata di assoluto riposo che Oscar si era imposta, si tramutò in una giornata di ozio e noia, in realtà. Il fatto di non potersi allenare con la spada, la raccomandazione a rimanere tranquilla e, soprattutto, l’assenza della compagnia di André, le avevano impedito di impegnarsi in qualunque attività che avrebbe potuto darle svago o soddisfazione. Ancora sprofondata nella poltrona del suo salotto, il libro stretto tra le mani e o sguardo perso nella fiamma del camino acceso, Oscar udì colpi delicati alla porta delle sue stanze e poi la voce gentile della governante chiamarla “Madamigella Oscar … vostro padre vi prega di scendere nel suo studio … Madamigella …” .

Vagamente contrariata, si risolse a riporre il libro, si sollevò dalla poltrona e raggiunse il corridoio trovandovi Nanny ancora in attesa. “Mio padre mi vuole nel suo studio?” chiese senza nascondere la sua preoccupazione. La governante annuì a labbra strette “Sì, Madamigella … e insieme al Generale incontrerete il conte Girodel …”.

Oscar si irrigidì d’istinto a quella notizia sentendosi in trappola. Non poteva fuggire; non poteva rimandare il confronto con Girodel ma, questa volta, non poteva nemmeno spiegare al conte le sue ragioni, affrontandolo apertamente alla presenza di suo padre. E, in ogni caso, era certa di quello che avrebbe voluto dire all’uomo che l’aveva chiesta in moglie? Si morse un labbro ponderando la questione.

“Madamigella, credo che dovreste …” la voce gentile della governante la richiamò alla realtà. Le rivolse un cenno del capo e si avviò per il corridoio, pensando ancora al colloquio che l’avrebbe attesa.

 

 

Continua...

 

Fine Ottava Parte

Maddy (mail to
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