NATALE A PALAZZO JARJAYES

Parte Terza

 

Da quando aveva lasciato i cavalli nella scuderia, André si era tenuto lontano dalle sale in cui si muovevano gli ospiti. Era andato direttamente nelle cucine e si era adoperato anche lui affinché il pranzo che riuniva l'intera famiglia Jarjayes riuscisse al meglio.
* Pian piano la confusione, il brusio, il rumore delle stoviglie che sbattevano, gli accidenti e l'andirivieni dei servitori andò scemando, finché nelle stanze del pianterreno non fu di nuovo ristabilita una relativa calma. Si sentivano i rumori del piano di sopra e due bambini che giocavano a rincorrersi.
André sedeva al tavolo della cucina. Si era versato del vino in un bicchiere, ma non aveva voglia di berlo. Ne osservava la trasparenza. Con lo sguardo perso nel vuoto seguiva il filo segreto dei suoi pensieri.
"Oscar..."
La famiglia doveva aver terminato il pranzo. Da uno dei salotti del primo piano giungeva la musica di un clavicembalo.
Due cameriere stavano sparecchiando la tavola. Presto sarebbero venute a rigovernare la cucina.
André stava per alzarsi, quando entrò la nonna.
"André, per favore, tira fuori le tazzine dalla credenza del salotto, mentre io preparo il the. André? André? Cosa c'è?"
"Niente, nonna."
"Sei strano, invece. Sei triste, non è vero?"
"No... perché dovrei?"
"Perché oggi ti sei accorto che madamigella Oscar appartiene ad un mondo di cui tu non puoi far parte. E' così?"
André sospirò. "E' vero. Io... io sono cresciuto con lei, ho condiviso tutto con lei. Anche adesso stiamo sempre insieme. Ma poi la vedo a Corte, tra i cortigiani, a fianco della Regina. Non indossa abiti sfarzosi, non ha trine e merletti, non sfoggia preziosi diademi, anzi, indossa sempre la stessa uniforme. Eppure... è più bella di tutte. Le decorazioni militari su di lei risplendono più di ogni gioiello. Tutti ammirano la sua bellezza. Io invece... che cosa sono io? Mentre lei è a Corte, io gioco ai dadi nelle stalle."
"Mio piccolo André" pensò la nonna "Mi ero tanto raccomandata di mantenere le distanze."
André continuò a svolgere il suo lavoro con apparente tranquillità e in silenzio. Sul volto aveva un enigmatico e malinconico sorriso.

Finalmente la giornata stava volgendo al termine. Nonostante l'inizio non fosse stato dei migliori, era trascorsa piacevolmente tra chiacchiere e ricordi d'infanzia. Ad uno ad uno gli ospiti presero congedo per la notte e si ritirarono nelle stanze preparate per accoglierli.
Anche Oscar tornò finalmente in camera, ma non andò subito a dormire. Sperando di non disturbare nessuno, decise di suonare un po' il pianoforte, giusto un pezzo o due, tanto per schiarirsi le idee.
André non poteva più stare senza vedere Oscar. Da quando erano rientrati quella mattina lui aveva cercato di evitarla, ma non era abituato a restare così a lungo senza restare al suo fianco. Cercava una scusa per salire in camera sua, ma poi si disse che non c'era bisogno di un motivo o che, per lo meno, il solo volerle augurare una buona notte era sufficiente per cercarla.
Avvicinandosi alla camera di Oscar sentì che lei stava suonando, quindi si affacciò alla porta, senza nemmeno bussare per non disturbarla e, notando che lei non aveva nemmeno alzato lo sguardo, si decise ad entrare anche se non era stato invitato. Oscar non sembrava contrariata: anche se non dava segno di essersi accorta della presenza di André doveva certamente averlo sentito entrare, ma continuava a suonare. Ad André parve di essere diventato uno spirito incorporeo che aleggiava davanti al pianoforte di Oscar senza che lei potesse vederlo. Non era la sera di Natale, non era il giorno del compleanno di Oscar. Era un momento fuori dal tempo in cui gli era lecito rimanere fermo a contemplarla. Oscar era viva e reale e stava davanti a lui. I biondi capelli che le ricadevano morbidi sulle spalle, le mani che scorrevano sui tasti bianchi e neri, le labbra chiuse in un'espressione tesa e concentrata, gli occhi azzurri fissi sullo spartito che, ormai, conosceva a memoria. Le sembrava di vederla per la prima volta. Aggirando il pianoforte si sarebbe trovato al suo fianco, le sarebbe scivolato alle spalle, avrebbe potuto prendere fra le sue le belle mani di Oscar. Ma André sapeva che se le si fosse avvicinato, se l'avesse sfiorata, si sarebbe rotto l'incantesimo e la magica atmosfera sarebbe svanita nel nulla per sempre. Continuò a guardare Oscar e si sforzò di seguire la melodia che lei stava suonando per impedire alla sua mente di sognare ancora. Infondo, gli bastava essere lì, al fianco di quella meravigliosa creatura e continuare a godere della sua presenza. Oscar stava suonando ormai le ultime battute. Prima ch'ella terminasse l'esecuzione del brano, André si voltò ed uscì. Chiuse la porta dietro di sé e rimase ad ascoltare le ultime note. Quando la musica finì si allontanò dalle stanze di Oscar e mormorò al vuoto del corridoio l'augurio semplice, ma che non era riuscito a ripeterle: "Buon compleanno, Oscar".
Quand'ebbe concluso il brano, Oscar richiuse lo spartito con una mano e, alzandosi, lo depose sullo sgabello. Aveva tenuto gli occhi abbassati sul pentagramma per timore di incrociare quelli di André. Camminò fino al punto in cui era stato lui fino ad un attimo prima e in cui le sembrava aleggiasse ancora il suo profumo.
"Probabilmente ha fatto bene ad andarsene così" pensò Oscar e disse a fior di labbra, come se André fosse ancora in camera sua e potesse udirla "La tua presenza qui, stasera, ha creato un piccolo angolo di paradiso in cui le nostre anime si sono incontrate e si sono chiarite. Non saprei ripetere quello che il tuo cuore ha detto al mio, ma credo mi abbia suggerito che siamo cresciuti ed è finito il tempo dei giochi, ma tra di noi non è cambiato nulla".
Rasserenata e stanca si decise infine a prepararsi per la notte e se anche una parte le suggeriva di andare più a fondo a ricercare i motivi del turbamento di quella mattina e le condizioni che avevano dato vita a "quel piccolo angolo di paradiso", l'altra le proponeva di lasciar perdere e dormire tranquilla, perché la mattina dopo sarebbe cominciata un'altra dura giornata.
Si, per il momento bastava così. Ma non era buon senso: era solo paura di scavare nel suo cuore ed ammettere i veri sentimenti. Questo, però, Oscar lo avrebbe scoperto solo alcuni anni più tardi.


Fine


Note finali: Finalmente riesco a scrivere la parola "Fine" in fondo a questa fanfic.
Un ringraziamento va al parroco che ha celebrato la Santa Messa di Natale nella mia parrocchia due anni fa e che è stato così lungo e retorico durante la predica da spingermi a pensare ad altro per evitare di cadere addormentata sui banchi della chiesa e a chi potevo pensare se non a Oscar e André? Ma ringrazio soprattutto Cetty che ha creduto in questa fanfic e mi ha sostenuto dal momento in cui, al ritorno dalla Messa, le ho comunicato via SMS l'idea di una nuova fanfic fino alla travagliata conclusione, avvenuta ben due anni e un giorno dopo.


 

Silvia (mail to: marinto1755@yahoo.it )