NATALE A PALAZZO JARJAYES

Parte Prima

 

Un pallido sole invernale filtrava tra le pesanti tende della sua camera. Oscar era ancora addormentata quando la nonna bussò alla sua porta ed entrò furtiva, recando il vassoio con la prima colazione. Oscar mugugnò qualcosa girandosi dall'altra parte e continuò a dormire. La sera prima era rimasta alzata fino a tardi: aveva assistito alla S. Messa di Natale nella cappella reale con le Loro Maestà e non era potuta tornare a casa se non dopo che la Regina si fosse ritirata per la notte nelle sue stanze. Quella mattina, inoltre, doveva alzarsi presto, per riprendere servizio presso Sua Maestà la Regina. C'era un concerto nel teatro di corte, poi la Famiglia Reale ed alcuni invitati si sarebbero riuniti attorno alle tavole riccamente addobbate per consumare il pranzo di Natale. Sarebbero seguiti altri intrattenimenti e i festeggiamenti sarebbero proseguiti fino a tarda serata. Oscar non era stata invitata al pranzo, sebbene Sua Maestà la Regina Maria Antonietta avrebbe gradito molto la sua presenza, per cui poteva, dopo il concerto, lasciare la reggia e tornare alla calma del suo palazzo. Ogni tanto si sentiva stordita dalla musica, i gioielli, gli abiti sfarzosi, le chiacchiere dei cortigiani, le centinaia di candele e le decine di specchi dei saloni ed era con un particolare piacere che tornava a casa, nel grande palazzo invaso dal silenzio quasi totale, nel quale anche i servitori si muovevano piano; solo in quel palazzo e nel parco che lo circondava, ritrovava la serenità di cui sempre più spesso avvertiva il bisogno.

La nonna appoggiò il vassoio sulla commode e si avvicinò al letto per svegliare la sua "bambina". Si sedette sul letto e le accarezzò piano la testa e i lunghi capelli biondi.

"Buon Natale, Oscar, e buon compleanno. Su, bambina, sveglia!"

Oscar si voltò verso di lei e le sorrise.

"Grazie, nonna. Buon Natale anche a te."

La nonna le sorrise a sua volta, poi si alzò e andò ad aprire le tende. Oscar scese finalmente dal letto. Faceva piuttosto freddo, quella mattina. Il paesaggio era coperto da un sottile strato di brina che imbiancava l'erba, le aiuole, gli alberi, come se fosse neve. Cominciò subito a vestirsi, mentre la nonna rifaceva il letto e intanto parlava, un po' rivolgendosi ad Oscar, un po' da sola.

"Che gelata che c'è stata questa notte! Quando ho messo il naso fuori della finestra, credevo fosse nevicato. Ah, che tempo! Hai ventidue anni, oggi, Oscar. Mi sembra ieri! Anche quel giorno, che tempo, bimba mia! Sembrava proprio che non potessi scegliere un giorno peggiore per venire al mondo!"

"Nonna, sono anni che il giorno del mio compleanno ripeti la stessa storia!" la interruppe Oscar con quel suo splendido sorriso, ironico e tenero allo stesso tempo. "E dici che hai messo le fasce vicino al fuoco, che mia madre ha sofferto per mettermi al mondo, che poi è arrivato mio padre, è inorridito quando mi ha visto, eppure ero tanto carina, bionda e paffutella eccetera eccetera."

"Ah, ma non me lo scorderò mai, quel giorno! Fa' colazione, che la cioccolata si raffredda altrimenti. So che ti piace tanto la cioccolata e questa mattina te l'ho portata per colazione, addirittura in camera. Ma non prenderci l'abitudine, eh! Ah, dicevo, quel giorno... campassi cent'anni, non potrei dimenticarlo. Tua madre mi chiamò in piena notte, perché non si sentiva bene. Sembrava che dovessi nascere da un momento all'altro, poi invece sembrava non volessi nascere più. Che pena, per farti venir fuori! Testarda sin dal primo giorno! Hai dovuto scegliere tu quando nascere."

"D'accordo, nonna. Grazie per la colazione. Io devo andare, André avrà già preparato i cavalli."

"A più tardi, bambina mia. Copriti bene, che è freddo fuori. E dì a quello scapestrato di André di fare attenzione."

Oscar le rispose di sì, mentre già scendeva quasi di corsa lo scalone. Che cara donna, pensava. Era un po' noiosa quando si metteva a fare tutte quelle chiacchiere e raccomandazioni e li trattava ancora come due bambini, però era tanto affettuosa.

Infatti André la stava già aspettando nelle scuderie.

"Buongiorno, André"

"Buongiorno, Oscar e... buon compleanno."

"Grazie." Rispose Oscar un po' imbarazzata, stupita dal modo in cui André le fece i suoi auguri. Aveva pronunciato quelle parole guardandola negli occhi e nel suo sguardo sembrava ad Oscar di aver scorto un sentimento ancora a lei sconosciuto.

"Ci tenevo ad essere il primo a farti gli auguri."

Oscar recuperò la sua fermezza e gli rispose divertita "Mi dispiace deluderti. Tua nonna ti ha preceduto!"

"Allora, posso almeno accompagnare un bacio agli auguri?"

Oscar si sentì avvampare. Cosa aveva in mente André quella mattina? André si accorse dell'imbarazzo di Oscar e precisò, abbassando gli occhi: "Un bacio sulla guancia, come tra amici. Niente di più."

Si sentiva così ridicola: arrossire in quel modo davanti ad André! Ma lui, pure... Sottraendosi a quel bacio, pensò, si sarebbe resa ancora più ridicola, così fece segno di sì con la testa. André si avvicinò di più a lei, le posò una mano sulla spalla e le diede un bacio. Quando le sue labbra si furono posate sulla sua guancia, Oscar provò uno strano senso di calore invaderle il corpo e per un attimo pensò che sarebbe stato magnifico se avesse risposto a quel bacio. André fece un passo indietro, poi, dopo un attimo di esitazione, saltò in sella al suo cavallo. Oscar fece lo stesso e insieme presero la via di Versailles. Durante il percorso nessuno dei due parlò. Dopo quell'innocente bacio sembrava ad Oscar che niente sarebbe più stato come prima e che i bei tempi appartenevano ormai al passato. Non poté fare a meno di ripensare con nostalgia all'infanzia che aveva vissuto con André, alle giornate trascorse insieme a cavalcare.

L'acqua delle fontane era quasi ghiacciata e risplendeva come cristallo. La brina si era sciolta, ma il paesaggio restava grigio, umido. La reggia invece riluceva di stucchi dorati, di specchi, d'oro. Oscar lasciò il suo cavallo ad André e gli chiese se non si fosse annoiato da solo quella mattina. André le rispose che non poteva certo accompagnarla durante il suo servizio e che comunque di certo avrebbe trovato alcuni compagni per una partita ai dadi o alle carte. Si trovava sempre in giro qualche servitore sfaccendato che avrebbe volentieri preso parte ad una partita.

 

Fine Parte Prima

Silvia (mail to: marinto1755@yahoo.it )