Rileggendo la ff, mi rendo conto che i toni sono alquanto drammatici, o forse è meglio dire pessimisti….Ma non so davvero quali altri pensieri potesse formulare e quali altre sensazioni potesse provare una condannata a morte…Come personaggio storico Antonietta mi è sempre piaciuta molto, nonostante i suoi sbagli ed i suoi errori…In questo racconto ho parlato del rapporto, breve ma intenso, che si è instaurato tra Rosalie e la – ormai non più – regina di Francia, prima che quest’ultima venga portata al patibolo…La donna vive attraverso i suoi ricordi e fa rivivere nelle sue parole gli splendori di Versailles e le spensierate giornate trascorse con i suoi più cari amici – in particolar modo Oscar...

Magda

 

LE MURA DELLA CONCIERGERIE

Parte Prima

 

La porta cigolò sui suoi cardini.

La giovane entrò nella stanza buia. Le pareti fredde, bagnate. La muffa e le ragnatele[1].

Le quattro mura erano avvolte nell’oscurità. Apparentemente sembrava non ci fosse nessuno. Ma poi, a ben guardare, sul letto sgangherato si poteva distinguere la figura di una donna che sembrava dormire.

La stanchezza di una vita fatta di sbagli in quel braccio disteso lungo la coperta, che toccava quasi il pavimento sporco, nell’altro ripiegato sulla fronte, nei riccioli bianchi che le coprivano il viso.

Aveva il capo leggermente rivolto all’indietro, ed i suoi occhi, attoniti ma pur sempre azzurri come un lago di montagna, contemplavano un pezzetto di cielo incassato in una fessura, che neanche con tutta la buona volontà di questo mondo avrebbe potuto essere definita anche solo “finestrella”, dove una colomba bianca girava in circolo, come a non voler andare via di lì per nessun motivo al mondo.

Si provava pena anche solo a guardarle il vestito nero, nero come la morte che aveva nel cuore e che la stava aspettando al di fuori di quella porta; come il lutto che l’aveva colpita quando l’avevano separata dai figli e quando le avevano ucciso in modo orrendo il consorte.

La sentinella bisbigliò qualcosa alla giovane che, ancora sconvolta, a malapena riuscì a distogliere lo sguardo dal macabro spettacolo offerto ai suoi occhi, rispondendo con un vago “Sì, sì…certo…”. Poi uscì dalla stanza, chiudendo pesantemente la porta alle sue spalle, con un tonfo.

Allora la donna parve ridestarsi. Mosse appena il braccio.

- Madame…

- Chi c’è? Non siete la sentinella….

- No Madame…

La giovane fece per avvicinarsi alla donna che si mise a sedere sul letto. Le gambe fuori dalla sponda, mostrava dignitosamente le scarpe logore e scure che portava ai piedi. Fu allora che il suo viso venne baciato da un tenero raggio di sole e poté distinguerne le fattezze.

Ebbe un sussulto.

Quella donna, le troppe rughe sul viso, agli angoli della bocca, lungo gli occhi già cerchiati di viola, e arrossati, di chi ha pianto troppo; i capelli bianchi in disordine, le scendevano senza la consueta eleganza sulla fronte e coprivano qualche tratto del suo viso; il suo sguardo, un tempo gioviale e vivace, come di chi sta appena cominciando il percorso della sua vita e se la immagina lunga e piena di puerili sogni e speranze, ora spento, triste, il dolore di chi ha conosciuto le cose belle e gli affetti sinceri e li ha persi uno ad uno. Un dolore profondo, una ferita che non può essere guarita. Le sue labbra, un tempo altere e sublimi, non sembravano più capaci di atteggiarsi ad un sorriso.

Quella donna…poteva mai essere la splendida fanciulla, delicata e bella come una Madonna di Raffaello, mite e di buon carattere, elegante e raffinata, allegra e dagli occhi lucenti…Poteva quella donna imbruttita dal dolore e sopraffatta dai ricordi, essere lei quella fanciulla adorabile che le era stato concesso di conoscere anni prima, quando venne il tempo in cui la Vita parve finalmente sorriderle?

Oh, se era lei davvero…com’è beffardo questo destino. Ingrato e beffardo. Ti porta sino alle stelle, con le sue illusioni e le sue false promesse, e poi ti lascia cadere senza premure nel fango della realtà, nell’unico momento in cui non sapresti come salvarti dalla violenza e dagli sguardi biechi del mondo.

Povera donna…

- Madame…sono la donna che deve prendersi cura di voi…

- Ah, sì… – fece un gesto con la mano come per farle capire che ricordava – siete la donna che deve prendersi cura di me finché non mi porteranno al patibolo. Ciò significa che la mia ora è vicina, non sbaglio, vero?

- Oh, Madame…

- Non vi preoccupate per me. Siete gentile, ma conosco il mio destino…

Abbassò lo sguardo sulla coperta scura e ruvida del suo letto.

Si toccò un po’ i capelli.

- Sentite…

- Ditemi Madame…

- Potreste aiutarmi a sistemare un po’ i capelli?…Non sono più quelli di un tempo, non sono più biondi e lucenti, ne convengo…Ma se devo morire, almeno voglio farlo con decoro…

- Ma certo, Madame…

Accomodò una sedia presso la fessura, dalla quale arrivava un po’ di luce, e la invitò a sedersi. Le diede uno specchio affinché potesse controllare il risultato, e cominciò a pettinare i ricci bianchi e sfibrati, parlandole nel frattempo, per tenerle compagnia e farle dimenticare per un po’ il dolore del suo destino di condannata.

- Sapete, a volte è buffo…

- Cosa, Madame?

- Questo. Anche voi…sentirmi chiamare Madame quando un tempo ero sua Altezza la Regina Maria Antonietta di Francia, riverita e vezzeggiata dall’intera corte e dal popolo….

- Madame, io vi chiamerei ancora con il vostro titolo ma qui…

- Oh no, che dite! Non dovete farlo, ma vi ringrazio le vostre sono le uniche parole gentili che mi sia stato concesso di udire, ultimamente….

Rimasero in silenzio qualche istante.. solo il rumore dei denti del pettine che scivolavano stancamente tra i fili grigi dei suoi capelli. Poi la giovane donna ricominciò a parlare e la sua voce aveva un tono quasi irreale nella silenzio di quella stanza avvolta nel buio:

- Sapete Madame, un tempo venni a corte…

- Davvero? Oh, in effetti mi pare che il vostro viso sia conosciuto…

- Grazie per esservi ricordata di me. Mi chiamo Rosalie. Fui accompagnata a corte da Oscar…

Oscar.

Al suono di quella parola la donna sgranò gli occhi e per poco lasciò cadere lo specchio in terra.

Un nome a lungo invocato, i suoi occhi a lungo cercati, la sua voce udita nel buio dei ricordi che stringeva al petto nelle lunghe notti di lacrime.

Una donna, un’amica.

La parte più bella del suo passato di Regina.

La persona con cui aveva iniziato il suo cammino in terra straniera. L’unica che le avesse offerto sincero affetto in mezzo agli intrighi e alle ipocrisie della corte di Versailles…

Oscar.

Rosalie la guardò addolorata e prese lo specchio che la donna stringeva debolmente tra le sue mani.

- Perdonatemi. Riapro il dolore di vecchie ferite mai sanate…

- Ferite? Oh no, tutt’altro…I ricordi sanno confortare quando la vita ti mostra il lato peggiore di sé…e Oscar è il mio ricordo più bello…

- Oh Madame…

La donna si alzò, camminando nell’oscurità e nel freddo della stanza. Gli occhi chiusi, le mani sul petto, come una donna che prega Dio chiedendogli perdono.

Il fruscio del suo povero abito nero, i lembi che toccavano il vecchio pavimento di legno.

Le pareti squallide, lo squittio dei topi intenti a correre da qualche parte, in qualche angolo di quell’antro d’Inferno.

- Sapete Rosalie …– disse – a volte mi pare di rivedere tutto in questa orrenda stanzetta…

- Rivedere…tutto? – Lo specchio da una mano, il pettine dall’altra, lo stupore e la sofferenza dipinta sul volto.

- Sì….rivedere…il luccichio dei lampadari, le belle vesti di seta, i pettegolezzi e le risate delle dame di corte, i grandi specchi, la musica dei clavicembali, il mio buon re così caro, lo sguardo del mio Fersen, bello e affascinante, e le rose bianche nei giardini di Versailles…

Rosalie piangeva, disarmata dalla semplicità delle parole di Antonietta. Dal suo candore di donna, di fiore appassito.

-…E poi…mi sembra di rivedermi bambina, vezzeggiata e ammirata da tutti, la prima donna, la Regina di Francia, la più bella dama, la più bella rosa di Versailles….Tra i lustri e le bambole, i balli e gli spettacoli, gli abiti eleganti e le collane di diamanti…Mi basta chiudere gli occhi, nell’oscurità di questa prigione, per rivivere il mio passato di adolescente felice….

- E’ tutto assurdo, così assurdo…Sembrano passati secoli… ed invece è stato solo qualche anno fa…

- … A volte lo rivivo in prima persona… Altre volte… vedo tutto come sotto una lente… Vedo tutto come qualcosa di cui qualcun altro ha fatto esperienza, non io[2]… Non io, tanto tutto sembra lontano ed irreale…forse è stata una favola, un sogno, e la mia vita è sempre stata questa… - Indicò la nera stanza e le pareti che sembravano guardarla con fare minaccioso -… così, come la vedete, buia e tetra come in questo momento, Rosalie…

- Oh Madame, non dite così…!

Le si avvicinò, stringendole con forza le mani. Voleva darle un po’ di calore, c’era tanto freddo, tanta indifferenza e tanta crudeltà tra quelle quattro mura, forse quel suo gesto sarebbe riuscito a farle capire che era possibile trovare ancora un po’ di bontà tra le macerie e la violenza di quel mondo che avrebbe dovuto essere migliore alla caduta della monarchia e che invece si mostrava spietato e beffardo.

- Madame – ripeté come in una silenziosa preghiera…

- Non crucciatevi Rosalie. Siete una cara ragazza. Io…ora ho imparato ad apprezzare quello di cui la vita mi ha fatto dono. Quand’ero regina e vivevo tra le adulazioni e le ricchezze non ci facevo caso, davo tutto per scontato. Ora so di aver sprecato tanto tempo e di aver commesso tanti sbagli, ma ringrazio Iddio di tutte le cose belle che mi ha offerto…Di tutte….In fondo, gli anni tristi e bui, a volerli contare, sono in numero assai inferiore rispetto a quelli gioiosi…E’ una fortuna se si pensa che c’è gente che nasce vive e muore perennemente sotto una cattiva stella…

Rosalie non rispose, ma due grosse lacrime solcarono impertinenti le sue guance ancora rosee. Quelle parole…dette da una donna invecchiata ed imbruttita dal dolore, dovevano risuonare terribilmente false. C’era la Morte in quella stanza e nel cuore della povera regina, eppure, nonostante tutto, sembrava consolarsi affondando il viso nei ricordi e negli anni spensierati della sua giovinezza; aveva dignità e coraggio e per quanti peccati avesse commesso, per quanti sbagli si fosse fatta carico, non era quella la fine che spettava al suo cammino di rosa.

- La vita è precarietà, ora come ora non dovrei stupirmi più di tanto della mia condizione…Ma il mio unico pensiero va’ ai miei figli….Non riesco a perdonarmi il fatto che, se ora loro stanno soffrendo, è tutta colpa mia…Solo mia…di nessun altro…Me li hanno strappati in modo brusco, nessuno si è curato del mio cuore di mamma e del loro pianto di bambini…Forse mi cercano di notte, ma io non ci sono…Oh Rosalie! Sapete niente di loro? Dei miei bambini?

Scosse la testa. Continuava a piangere. Non era forse madre anche lei?[3] Non erano forse madri anche le donne del popolo? Anche quelle di fronte alle quali si era inchinata quando avevano assaltato la reggia per chiedere un pezzo di pane per le loro creature? Non conoscono quanto sia grande il dolore di perdere i propri figli? Oh, e allora perché mai la lasciavano soffrire a quel modo?

- No Madame…mi dispiace.

La donna sospirò e tornò a sedersi sulla sedia, le mani incrociate sul grembo, il viso tirato.

Ricominciò a passarle il pettine tra i capelli.

- Dunque voi…

La sentinella aprì in quel preciso istante la porta. Di nuovo quel rumore sordo e pesante, il cigolare sui cardini di quell’ammasso di ferro che nascondeva dietro di sé le gioie e i dolori della vita vera, non l’apatica, spossante compagnia della Morte.

- E’ ora di andare, Rosalie. Sbrigatevi…

Rosalie guardò nella sua direzione e fece cenno di sì con la testa.

- Cosa volevate dirmi, Madame?

- Oh nulla…Tornerete domani, non è vero?

- Sì…

- Allora…domani….domani mi parlerete di lei, Rosalie….

La guardò qualche istante, poi annuì con tenerezza.

- Arrivederci, Madame…

La porta venne nuovamente chiusa e a Rosalie si strinse il cuore; nella sua mente l’immagine di quella donna triste, lacerata da un dolore infinito, seduta su quella sedia a contemplare ancora quel pezzettino di cielo mentre le sue mani si stringono tra loro come a cercare la stretta di qualcun altro che non è lì e che non tornerà.

Pianse lacrime amare mentre posava meccanicamente i piedi sul selciato tornando a casa.

*

In un primo momento aveva odiato quel luogo. La disperazione, il dolore, l’indifferenza racchiusa nelle umide, fredde mura annerite dal tempo, nelle finestre troppo strette che non regalavano niente del mondo di fuori, nelle mani oltre le sbarre che invocavano acqua fresca, nel tempo fermatosi oltre quelle porte pesanti ed arrugginite.

Poi il pensiero di lei, fragile ed indifesa ma ancora dignitosa, sotto le coperte abbracciata ai suoi ricordi di gioia e ricchezza l’aveva impietosita.

E dall’odio che provava verso quella prigione era nato un sentimento più umano, simile alla pietà ed alla tenera, placata sofferenza, che le permetteva di andare ogni giorno da Madame sorridendo con fare amichevole.

Anche quel giorno. Come tutti gli altri. Con le lenzuola, la biancheria, qualche straccio pulito nel cesto che Antonietta le aveva chiesto, schernendosi con quella tenera dignità che era tutta sua; l’unica cosa che le fosse rimasto del suo passato di amabile fanciulla.

- Buongiorno Madame…

- Oh Rosalie, finalmente. Vi aspettavo. Siete l’unica persona che mi sia concesso di vedere, l’unica che mi porti notizie del mondo di fuori. Aspettarvi un giorno intero è davvero troppo per una persona per il cui il tempo scorre più lentamente che per gli altri.

- Ora sono qui Madame, state tranquilla. Vi terrò compagnia io…

Le sorrise. Il suo sorriso dolce e rassegnato.

- Grazie, Rosalie.

Posò il cestino sul tavolo.

- Vi ho portato della biancheria pulita e degli stracci come mi avevate chiesto, poi…

- Rosalie, aspettate…

La guardò.

- Cosa c’è Madame, non vi sentite bene forse?

- No Rosalie, sto bene, per quanto io possa stare bene…ma vi prego, sedetevi qui….sul mio letto…

Capì. Sorrise amaramente.

Le obbedì e si sedette sulla ruvida coperta scura. La scoprì scucita in diversi punti e si sentì addolorata per quella donna che non poteva placare il freddo che l’attanagliava…né fuori, né dentro di lei…

- Rosalie, vi prego…siate sincera con me…

Aveva paura della domanda che stava per rivolgerle. Sentiva l’ansia delle sue parole come un macigno sospeso sopra di lei.

- Siate sincera e ditemi…Oscar….Oscar è morta?

Dio Mio. Dammi una mano.

Non riuscì di risponderle. Non con la voce, non con le parole, almeno.

Ma voltò il viso di lato e due lacrime scesero lungo le guance. Poi altre due.

La donna vestita di nero si alzò di scatto. Era ancora più pallida. Forse aveva tentato di illudersi sino all’ultimo, aggrappandosi ad una speranza che essa stessa sapeva più falsa che vera. Ma non le riusciva di convincersi di un qualcosa che per lei somigliava tanto ad una pugnalata in pieno petto. Non Oscar, non la sua Oscar…

Raggiunse la fessura. Pioveva quel giorno.

- E…e come?

Rosalie frenò di colpo il suo pianto. Poi si asciugò le lacrime col dorso della mano.

- Alla Bastiglia…il 14 Luglio….

- Capisco…

La vide unire le mani come in una muta preghiera. Non aveva urlato, non le aveva chiesto gridando cosa diamine ci facesse la persona che per vent’anni l’aveva protetta, alla Bastiglia, ad assaltare uno dei simboli del potere regio.

Pregava, semplicemente. Per quell’anima buona volata fin troppo presto in Cielo, che più volte aveva salvato la sua vita di ragazzina spericolata ed il suo sorriso di giovane innamorata.

Se la rivide davanti agli occhi, quattordicenne fiera e luminosa in quella divisa bianca, gli occhi superbi e ricolmi di coraggio e lealtà, il passo marziale ed il sorriso sincero dipinto sul volto.

Se la rivide davanti agli occhi più donna, avvolta nell’uniforme di un rosso abbagliante, tra lo scintillio delle sue medaglie sul petto e della spada al suo fianco. I capelli più lunghi, le labbra già meno sorridenti e felici.

E per ultima…Ricordò la Oscar cupa e silenziosa dalla divisa blu, che nei suoi sguardi profondi mal celava il dolore e le sofferenze di un destino sconosciuto alla sua regina.

Quella Oscar che le rispose con un silenzio, quando, già nel pieno della Rivoluzione, le chiese se avesse mai continuato a proteggerla, qualunque cosa fosse accaduta.

E se il silenzio è assenso, allora quella fu l’unica eccezione; perché Oscar, da allora, smise di essere il suo angelo protettore.

- A volte…mi dico che in fondo…io Oscar la conoscevo molto poco…Non mi ha mai detto se ha amato o no qualcuno, se ha sofferto piangendo la notte, se è stata realmente felice almeno una volta nella sua vita…

- Amato?

Rosalie la guardò. Almeno una risposta alle sue domande poteva dargliela.

Antonietta si voltò sorpresa nella sua direzione.

- Oh sì…Oscar ha amato…ha amato tantissimo…ha conosciuto l’amore vero, come pochi su questa terra…

- Oh…!

Quasi si accasciò sulla sedia per la sorpresa.

- E’ morta…dicendomi che la stava aspettando…e che dovevo seppellirli assieme perché loro…loro…

Soffocò un singhiozzo.

- …loro erano …sposati…!

E questa volta il suo pianto scoppiò liberatorio ed allo stesso tempo ostile, somigliava all’acqua che fuoriesce freneticamente da una sorgente.

- Oh…oh…e lui era…

- Andrè.

Semplice. Chi altri avrebbe potuto essere, se non il suo compagno di una vita, il suo fratello adorato, l’amico di infanzia, di giochi, di armi, di serate passate in taverna, di pomeriggi di caserma? Lui, Andrè….ora anche suo unico, grandissimo amore.

Sorrise tra le lacrime e fu felice per lei.

- Oh…Oscar e Andrè…insieme…Oh Rosalie…

- Non credete che fosse inevitabile?

La scrutò interrogativa.

- Madame…due persone cresciute insieme, sin dall’infanzia…prima bimbo e bimba…poi ragazzo e ragazza, ed infine…un uomo ed una donna, bellissimi e coraggiosi. Ognuna sapeva tutto dell’altro, avevano condiviso ogni cosa, ogni gioia e dolore, ogni singolo istante….Tra loro si era instaurato un rapporto impossibile da descrivere, forte, solido. Avrebbero dato la vita, per il bene dell’altro. Sarebbe stato impossibile se, dopo un’intera vita insieme, non avessero condiviso anche l’amore…[4]

- Oh Rosalie…credetemi….sono contenta per loro…tanto…speravo che la mia Oscar fosse stata veramente felice ed innamorata almeno una volta nella vita, volevo che le battesse il cuore e lo sentisse così colmo di gioia da scoppiare…La mia preghiera è stata esaudita, nonostante tutto, in questi giorni di violenza…

- Hanno potuto amarsi completamente per poco, tanto poco…Vedete…io credo che il loro amore sia sempre stato lì, quando si battevano, quando leggevano davanti al camino, quando si allenavano ridendo, quando camminavano assieme lungo i corridoi di Versailles…La felicità è sempre stata lì con loro, ma quando ne hanno preso atto completamente…Se n’è andata via…

- E’ terribile, terribile…questa vita è così….così….

- Crudele.

- Oh, sì. Lo è.

Rimasero qualche attimo in silenzio, guardandosi negli occhi. Azzurro vivo per una, azzurro spento per un’altra.

- Madame, voglio dirvi…voglio dirvi che…Ecco…Oscar non vi ha tradita…Ha seguito solo il richiamo dei suoi ideali, della sua lealtà e del suo grande amore….Lei….non è riuscita a rimanere insensibile di fronte alla miseria della Parigi dimenticata da Dio….Voleva costruire un mondo migliore, dove non esistessero differenze di classe, di rango…dove non esistesse il povero ed il ricco, dove non ci fossero stupide regole e convenzioni…dove a lei ed Andrè fosse concesso di vivere e di amarsi, nonostante tutto…Dove gli uomini insegnassero ai loro figli l’amore ed il rispetto verso il prossimo….E’ per questo che ha abbandonato la sua famiglia, il suo mondo nobile e voi per combattere con il popolo per la sua causa…Ma non ha mai smesso, mai, di volervi bene…

- Lo so…

- …e la Bastiglia…Sì, è vero, ha comandato i suoi uomini per assaltarla…è stato il suo ultimo gesto di comandante, di VERO comandante, su questa Terra…Non pensava certamente di vedervi rinchiusa qui, lei l’ha fatto perché credeva nei suoi ideali…

- Non ditemelo, so già tutto, capisco più di quanto possiate immaginare da quando sono chiusa qua dentro…

Ma Rosalie continuò, non riuscì a fermarsi. Parlava, parlava, ma quasi sembrava recitasse una preghiera.

- Le hanno sparato, ma lei era già morta quando i proiettili l’hanno trapassata…Era morta dal giorno prima, quando anche Andrè si era spento dopo essere stato colpito da una pallottola…era l’ombra di se stessa….il giorno e la notte, l’amore e l’odio, la luna ed il sole….Le due facce della stessa medaglia…Non potevano vivere l’una senza l’altro…E quando lui è morto lei ha voluto seguirlo…

La regina piangeva, la mano davanti agli occhi, le lacrime sparse come foglie al vento sul suo abito nero.

- Madame…mi spiace, non volevo farvi piangere…

- Oh no, Rosalie…piango per loro perché sono morti, è vero….Ma si sono voluti bene veramente….e questa è la gioia più grande per una persona sulla Terra…Mi sento commossa di fronte alla verità del destino umano…Tanto breve e tanto fragile, ma così intenso se si sceglie di viverlo col cuore…Anche se tardi Oscar l’ha fatto…e questo nobilita e fortifica il suo animo già gentile e leale…

- Oh Madame…

- In cuor mio ho sempre temuto per lei, eppure non mi sono mai premunita di chiederle come si sentisse a nascondere il suo bel corpo dentro un’uniforme, se fossi infelice o irata col padre…Ma ora che mi avete detto questo, mi sento più sollevata…Probabilmente passerò questa notte e le altre a venire a piangere anche lei ed Andrè tra le tante persone che mi sono già venute a mancare però…Almeno so che è stata felice almeno una volta, che ha provato il vero amore…Mi capite?

- Sì.

Chinò il capo per annuire.

- Non m’importa se ha combattuto con il popolo, ha assaltato la Bastiglia o chissà cos’altro…E’ stata la mia prima amica e l’unica sincera che abbia mai avuto…Del resto, anche lei non avrebbe mai potuto fare niente per salvarmi da tutto questo…Ho capito troppo tardi i miei sbagli e solo ora odo il grido dei figli di Francia che ho abbandonato, che chiedono giustizia…Stasera pregherò per lei…e spero che da lassù voglia ascoltare una povera donna che si tormenta nel suo peccato…

- Madame – Rosalie le strinse le mani – Voi…Non sono stati tutti vostri gli sbagli…Vi hanno affidato un compito troppo grande, eravate solo un’adolescente inesperta…

La donna chiuse gli occhi, stancamente, e sorrise. Un sorriso ironico, come se non credesse essa stessa alle parole della giovane che le teneva le mani. Poi alzò lo sguardo e fissò intensamente un punto nel cielo ora schiaritosi, al di fuori della fessura.

- Oh Rosalie…Guardate…

- Cosa Madame?

- Quella colomba bianca. Sono giorni che vola fuori da questa finestra…

Finestra. L’aveva chiamata finestra. Rosalie sentiva un nodo in gola.

La tenne per una mano e si avvicinarono entrambe al muro.

- Ditemi Madame, quanti giorni sono che gira in tondo così, qui fuori?

- Non so Rosalie, credo cinque, sei…

Sorrise. Gli occhi brillanti.

- Madame, vedete? Oscar non vi ha dimenticata…non potrebbe mai….

- Cosa?

Guardò nuovamente la colomba bianca volare. Girava a cerchio, incessantemente, come in preda all’ansia. Come se attendesse qualcuno ma avesse paura del momento in cui quella persona fosse riuscita a raggiungerla. Non cambiava direzione, se ne stava lì, a formare quel cerchio, vorticoso e perfetto, e pareva non voler andar via per nessun motivo al mondo.

- Oh… - l’espressione di stupore di Madame si tramutò in un sorriso tenero e sereno sul suo volto di donna stanca e spossata dagli anni e dal dolore, che parve illuminarle gli occhi per un istante. – E’ vero, Rosalie….E’ lei…Mi aspetta…Sta cercando di starmi accanto adesso, nell’ora più brutta, come non ha potuto fare negli ultimi giorni della sua vita…

- Oscar…

- Rosalie…

- Si, Madame?

- Rosalie io…Oh Rosalie…

Le si gettò tra le braccia. Quella donna già più grande di lei, invecchiata poi di vent’anni così d’improvviso, piangeva tra le sue braccia di ragazza ancora nel fiore degli anni, e sentiva tutta la pietà, la tenerezza, il dolore di quel momento. Era una scena triste, triste, per una donna che era stata Regina di Francia.

- Rosalie, devo confessarti una cosa…

- Cosa Madame?

- Io…io ho paura, Rosalie. Ho paura. Ti prego, abbracciami. Ho paura[5].



Fine Parte Prima

Magda (mail to: doantign@tin.it )


Note


[1] Ho visto qualche disegno della Conciergerie, però l’ho descritto un po’ più scuro, come ambiente…Ho pensato che il dolore di Antonietta potesse rendere più triste il posto…

[2] Anne Frank, diario.

[3] Non so quando sia nato François, il figlio di Rosalie e Bernard, ho ipotizzato tra i 1790 ed il 1791…Se fosse così, nel 1793, quando Antonietta è stata giustiziata, Rosalie era madre di un bimbo di già due anni circa.

[4] E’ sempre stato un mio pensiero ricorrente, questo…

[5] Mi rifaccio alla frase del manga n° 7 (ultima pagina), in cui Antonietta chiede a Fersen di non abbandonarla perché ha paura…Capisco che Rosalie non è Fersen…ma era l’unica persona buona con la quale Antonietta potesse parlare, alla Conciergerie!