DAMMI SOLO UN MINUTO
Premessa: Piccolo scritto
nato due giorni dal mio orale di maturità, in una pausa dei libri riempita dai
Pooh, tra i miei artisti preferiti. Non me ne vogliono Red Canzian e compagni...
e nemmeno Riccardo Fogli, la cui magnifica voce la cantava. E nemmeno le/i fans
di Lady Oscar... è una variazione personale al tema ormai famoso delle rose e
dei lillà... con una sorpresa finale. Che non c'è, perché ognuno possa
immaginare come andrà avanti. Perché la fantasia umana non ha confini, né
catene.
Se volete, scrivetemi pure. Per farmi i complimenti, o per criticare, non
importa.
Le frasi scritte in grassetto corsivo sono i versi della canzone, e sono
alternativamente nella mente di Oscar o di André. A voi immaginare quando.
Buona lettura a tutti... e grazie anche a chi magari ha letto solo fin qui.
Deborah
Voltata, gli occhi al
giardino della sua casa, lo sguardo perso nel vuoto.
Aspettava il momento giusto per dirglielo..sempre se c’era.
Lo sentì entrare, con l’inconfondibile sussurro delle porcellane che sbattono
leggermente sul vassoio. Ecco…ora lo poggia sul tavolo…
“Oscar, dove sei? La nonna ti manda la cioccolata.”
È il momento.
“Sono qui, Andrè.”
“Non ti sembra d’essere un po’ grande per giocare a nascondino?”
Non sa cosa lo aspetta. Il cuore brucia, anche se un sorriso le nasce sulle
labbra.
“Andrè, senti…devo parlarti.”
“Dimmi, Oscar. Ti ascolto.”
Senza voltarsi.
“Ecco, Andrè…da domani non dovrai più occuparti di me. Lo so, so tutto non
parlare più… Ho deciso di vivere come un uomo, e di non innamorarmi mai più.
Quindi, non avrò più bisogno di te. Potrai fare ciò che vorrai.”
Lo so che forse è meglio…ma crederci non voglio…non c’ero preparato….ci vuole
fiato a dirti addio…
Il profumo della cioccolata e della brioche si spande per la camera.
Andrè non sa cosa dire. È pietrificato. Il suo cuore urla quello che la sua
bocca non vuole dire. È il giorno più normale…
Anche nel cuore della donna c’è una spina. Qualcuno dice che non c’è rosa senza
spine, ma tante spine senza rose.[1] Forse questa è una. Finalmente l’ha detto.
Senza guardarlo, ma l’ha detto. …ma io sto male…male… Perché sente il cuore
scoppiare?
“Oscar…anch’io ho qualcosa da dirti… - dammi solo un minuto, un soffio di fiato,
un attimo ancora… - una rosa, sia essa bianca o rossa…una rosa non sarà mai un
lillà. E tu non puoi cancellare il tuo essere nata donna.”
Non si volse dalla finestra. Continuò a fissare apparentemente il giardino…
stare insieme è finito, abbiamo capito…ma dirselo è dura…
“André, non sai che dici. Lasciami, ora.”… è stato un bel tempo il mio tempo con
te…
“Oscar…” dammi solo un minuto, un soffio di fiato, un attimo ancora…
“Vattene, André… vai via, ti prego.” …noi tranquilli e lontani ognuno per sé
piangeremo domani…
“Come vuoi. Buonanotte.” …ma che coraggio che hai….come fai?….
Ma non uscì. Si limitò ad avvicinarsi alla porta, e ad osservarla da quella
distanza. Abbastanza sicura perché lui potesse controllare le sua mani e la sua
forza, che temeva scatenarsi contro di lei…ed era furioso …e poi… ti guardo, in
fondo cosa sei?
Anche il suo cuore si stava calmando. Oscar lo sentiva. In fondo, era l’addio ad
un amico. Ad un vero amico. Ma per lei era solo questo? … un fuoco presto
spento… se tira un po’ di vento… un gioco senza impegno… ma lasci il segno tu….
E ancora piantato davanti alla porta. Non riusciva ad uscire …dammi solo un
minuto, un soffio di fiato, un attimo ancora… stare insieme è finito, abbiamo
capito, ma dirselo è dura…
“Andrè, sei ancora qui? Vai, ti ho detto”. Si voltò di scatto, verso l’uomo che
la guardava dalla rassicurante distanza di un’intera camera.
“ESCI DALLA MIA VITA!!!!!”
Il cuore sanguina… le gambe tremano… perché? …svegliati, svegliami, dai… cosa
fai…
“VATTENE!!!!!!!!!”
Distrutto. Strappato. Lacerato in mille pezzettini. Il suo cuore sparso in
quella stanza dalle sue urla.
La mano che lentamente si poggia sulla maniglia, tremante.
Eppure….
“Vattene, vai via….via…” … ma è vero… che sta tremando il tuo respiro…
Apre la porta. Ancora un respiro. …ma sì, è proprio vero…
La richiude dietro di sé. Nel lungo corridoio, i suoi passi risuonano solitari.
La finestra si è spalancata. Il forte vento ha avuto ragione della serratura.
Ora quello stesso soffio gelido le scompiglia i capelli, mentre i suoi pugni
sono ancora stretti in una morsa di rabbia.
E gli occhi….i suoi occhi…
È un attimo. Corre. Il respiro affannato. Il tavolo… il pianoforte… il suo
letto… la toilette… la porta. Si blocca.
“Oscar…una rosa… - come mai…i tuoi occhi ora stanno piangendo? - le rose, le
rose.”
Parla da sola. La mano scivola sulla maniglia.
Le scale sono ripide, e scure. Non ha candela, e le lacrime gli annebbiano la
vista. Gli pare di sentire un rumore. Chiamare.
“E’ la sua vita, ormai. Io non ci sono più.” …dimmi che era un sogno ci stiamo
svegliando….
Chiude la porta. È nel corridoio, lungo, scuro. Ma lo vede. Il cuore pulsa
implacabile. Lo sente nella testa, nelle mani. Nelle gambe.
“André!” urla. Nessuna voce risponde.
Corre verso le scale. È decisa a rincorrerlo anche in capo al mondo. Non sa
perché ma lo farebbe volentieri. Solo per vedere il suo sorriso.
“Non è lei. Non è più lei.”
Uno scalino… due… tre…
“André… - ansante, si ferma - fermati, per favore.”
La voce trema.
Si volta, il passo bloccato, il cuore irrimediabilmente legato a lei.
Gli occhi bassi.
“Cosa volete?” freddo.
Scende tre scalini. Ne risale uno. Per poterlo vedere bene in viso.
“André, ti prego… non ignorarmi.”
“Non vi conosco – lo sguardo sprezzante - Non so chi siete. E ora, se volete
scusarmi…”
Lo afferra per le spalle, rabbiosa. A quel contatto lui trema.
“Le mani… - pensa - ferma le mie mani, ti prego. “
Ma non ce la fa. In un attimo la stringe, forte. Sente il suo corpo aderire
perfettamente. Come fosse stato tagliato su misura.
“André… - dimmi che era un sogno ci stiamo svegliando…- perdonami…”
La voce soffocata dalla sua spalla, incrinata dai singhiozzi.
“E come potrei non farlo? Guardami… e non piangere” …come mai i tuoi occhi ora
stanno piangendo?
“André… non andare via. Hai ragione… - si abbandona al suo abbraccio, che lei sa
essere forte e pieno d’amore - hai ragione… non andare via, non andare… - di
nuovo lacrime - non farlo… non andare…”
“Perché?” …dimmi che era un sogno e ci stimo svegliando…
“Perché… - lo guarda, e le mani incorniciano il suo viso. Quel viso così
perfetto. Così familiare. Così amato - ho bisogno di te. Non farlo.”
“Ammettilo, Oscar. Dillo. Ora, qui, o me ne vado.”
“Ammettere cosa? Cosa? Ammetto tutto, tutto quello che vuoi…” La voce concitata,
disperata.
La mano di André prende quella di Oscar.
La fresca camicia di battista bianca si apre facilmente.
André poggia la mano di Oscar sul suo cuore.
“Cosa senti?”
“Il tuo cuore”
“Ascolta meglio”
Attira il viso di lei sul suo petto, libero dalla camicia bianca.
“Che cosa senti?”
“Il tuo cuore”
“Cosa ti dice il mio cuore?”
“Batte”
“Non senti? Dice… ti amo… ti amo… ti amo… da sempre. Dal primo giorno che ti ho
vista.”
Il viso di Oscar è bianco come un cencio.
Delicatamente, sposta il viso di lei dal petto.
E la mano corre sulla camicia di battista di lei.
Si poggia sul cuore, dopo aver delicatamente corrotto il bottone di madreperla.
“E il tuo cuore, cosa dice, Oscar?”
“Batte. Per te, solo per te.”
“E cosa ti dice?”
“Dice… - gli occhi si chiudono, per ricacciare inutilmente una lacrima - dice…”
“Dillo…dimmelo. Cosa dice il tuo cuore?”
“Dice… ti amo… ti amo… ti amo…”
… dimmi che era un sogno ci stiamo svegliando…
Le lacrime scorrono. Non c’è più motivo di trattenerle.
La mano scivola via dal sul petto, e corre lungo il braccio per prendere la sua
mano.
“Apri gli occhi, Oscar.”
Le lacrime offuscano tutto.
“Non me ne andrò.”
Si slancia sul suo petto, singhiozzando a dirotto. Il corpo scosso da mille
tremiti.
“Non piangere più - la solleva tra le braccia - Vieni, andiamo. Dobbiamo
parlare.”
“Con te, verrei fino in capo al mondo… fino sull’ultima delle stelle… oltre i
confini del cielo”.
…dimmi che era un sogno ci stiamo svegliando…
Fine.
Deborah (mail to:
taliesintaliesin@tiscali.it )