CONSIDERAZIONI DI UNA VITA
Parte Terza
Le prime luci dell'alba
rischiaravano la vallata. La carrozza si dirigeva verso la città di Arras,
preceduta da alcuni valletti. I cavalli erano stanchi, si procedeva lentamente.
Le fiaccole erano state spente. Marie sonnecchiava con la testa appoggiata sul
morbido sedile della carrozza. Mme de Jarjayes aveva da poche ore salutato il
marito che era tornato a Parigi. Nonostante il sonno, non riusciva a impedire
alla sua testa di formulare pensieri scombinati. Tutte le persone che amava
erano rimaste là: il marito, la figlia, il suo giovane e innamorato attendente,
la regina Maria Antonietta. Nella confusione di questa partenza inaspettata ho
commesso la dimenticanza di non avvertire Sua Maestà la Regina della mia
intenzione di lasciare Parigi. Sua Maestà si era auspicata una maggiore lealtà
della famiglia Jarjayes nei confronti della famiglia reale ed io me ne sono
andata senza il Suo consenso. Non appena sarò arrivata ad Arras scriverò una
lettera indirizzata a Sua Maestà e darò ordine ad un corriere di portare la
missiva al Palazzo di Versailles.
Il sole era alto nel cielo e l'aria si stava facendo calda e irrespirabile.
Oscar, una volta venendo qui mi facesti una domanda: mi chiedesti cosa stava
accadendo al tuo corpo. Ti eri accorta che stavi crescendo in maniera diversa
rispetto ad André, poi, comprendendo il mio imbarazzo, cominciasti a parlare
d'altro. Capii che dovevo assolutamente spiegarti alcune cose e mi ripromisi di
farlo non appena fossimo rientrate al palazzo presso Versailles. Ma là ti
attendeva già l'uniforme che tuo padre aveva fatto preparare per te, nonostante
tu non fossi ancora diventata capitano della Guardia Reale. Quanto ho rimpianto
il fatto di non averti parlato subito. Chissà quali sentimenti si sono agitati
nel tuo cuore.
La carrozza si fermò nel cortile del palazzo di Arras. Un valletto aprì lo
sportello della carrozza e aiutò Mme de Jarjayes e Marie a scendere. Mme de
Jarjayes diede ordine che le fosse preparata la stanza che di solito occupava
Oscar, dopodiché, salì anche lei nella sua stanza. Dalle finestre aperte entrava
l'allegro cinguettare di alcuni uccelli e il fresco profumo delle rose in
boccio. Era tutto come Oscar lo aveva lasciato: sul pianoforte c'era ancora lo
spartito di un brano che Oscar amava particolarmente suonare e che per tante
volte aveva fatto da sottofondo a piacevoli giornate estive trascorse nella
frescura del palazzo di Arras.
Le servirono il pranzo, ma non aveva molto appetito; si limitò ad assaggiare
qualcosa. Si alzò dal tavolo su cui le era stato apparecchiato il pasto e si
guardò intorno. Sopra al caminetto c'era un vaso vuoto. Ad Oscar piacciono le
rose. Andrò in giardino a coglierne qualcuna. Per lo meno, terrò la mente
occupata per un po'.
Nel parco c'era un bel roseto, nel quale ad Oscar piaceva particolarmente
passeggiare. Le piacevano... le piacciono queste rose bianche.
Fra tutte, una rosa la colpì maggiormente, perché era candida e appena
sbocciata. E' un vero peccato che le rose abbiano vita così breve. Sfioriscono
poco dopo essere sbocciate, quando sono più belle.
Si avvicinò a quella rosa e la colse, ma nel farlo si punse un dito. La rosa le
cadde a terra e, mentre la stava per raccogliere, una goccia del suo sangue ne
macchiò i petali immacolati. Cosa mi succede? Mi sento come se avessi perso
qualcosa di importante. In quel momento sentì la campana della piccola chiesa
del paese che scandiva il tempo suonando due rintocchi. Mi sento mancare. L'aria
si è fatta più calda, irrespirabile. Sarà meglio che rientri. Aveva il cuore
colmo di una grande tristezza che non riusciva a spiegarsi. Raccolse la rosa e
chiuse gli occhi, aspirandone il profumo. In quel momento le venne in mente
Oscar. Che sia...?
Salì in camera dove, sul tavolo, era ancora apparecchiato il suo pranzo
consumato a metà. Posò la rosa sul freddo marmo del caminetto. Stanca, si sdraiò
sul letto, senza nemmeno cercare di frenare le lacrime che le rigavano il volto.
Pianse come non aveva mai fatto, fino a che, con la testa confusa e dolorante,
riuscì finalmente ad addormentarsi. Sognò nuovamente Oscar, ma questa volta non
fu un sogno angosciante. Oscar aveva il volto sereno di quand'era bambina e al
suo fianco c'era André, come sempre. Ma questa volta si tenevano per mano. Oscar
si rivolse alla madre dicendole di non piangere, perché lei era con André.
L'oscurità dei vicoli del sogno precedente lasciava ora spazio ad un nulla
riempito di una calda luce, come la luce del sole che d'estate illuminava le
campagne di Arras.
Fine
Silvia (mail to: marinto1755@yahoo.it )