DI BALLI E DI SPECCHI

 

A Simona, di nuovo.

Basta chiedere ;)

 

Un altro.

Un altro damerino incipriato che vuole ballare con la bella sconosciuta.

Ma questo è più insistente.

Mi costringe ad intervenire.

*

La prima volta che ti ho visto ci trovavamo ad un ballo, ma io ovviamente non ballavo.

Non ballo mai, io.

Tranne quella volta, costretta dalla vostra sventatezza.

Ho ballato con la regina Maria Antonietta e la coppia danzante da noi formata ha incantato i nobili assatanati di chiacchiere e veleno, distogliendo la loro fatua attenzione dalla presenza dello svedese.

La regina ha dimostrato il suo solito tatto nei miei confronti chiedendomi se avrei danzato con una dama o un cavaliere.

Ed io dovrei essere onorata dell’amicizia che mi dimostra sin dal primo giorno? Per carità, lei è la regina di Francia, ma in quasi vent’anni mi ha mai chiesto qualcosa di me? No, perché io sono Oscar, il comandante della Guardia e la paraninfa che porta messaggi all’amante.

“Grazie Oscar. Questa sera mi avete impedito di compiere una sciocchezza.”

Prego. Figurati Fersen, son qui per questo.

Anche per te non son altro che un’amica fidata a cui chiedere tutto, ma di cui si ignora ogni cosa?

Chiedimi come mi sono sentita io, stasera, a salvarti il culo davanti a tutta la corte.

Chiedimi come mi sono sentita a cavalcare sotto la pioggia per portarti il messaggio d’amore della regina?

Possibile che a nessuno interessi come mi sento io?

Solo André mi ascolta e mi porta il mantello sotto la pioggia. Quel ragazzo prende troppo seriamente il suo lavoro di attendente. No, sono ingiusta e so di esserlo. Scusami André se negli ultimi mesi, negli ultimi anni, mi comporto come se mi fossi dimenticata del fatto che tu sei l’unico amico che abbia. Lo so che è così, ma come faccio? Come posso spiegarti quello che non riesco a spiegare nemmeno a me stessa?

Chi è Fersen? Perché ci penso sempre più spesso?

Fersen è l’amante di Sua Maestà la Regina di Francia, che io ho l’onore di proteggere.

Lei lo ama, come una ragazzina. Quello che poi effettivamente è.

Lui la ama. Nel modo contorto degli uomini. Ha giurato di non sposare mai nessuna, e sta mantenendo il giuramento. Ha rifiutato persino la figlia del ministro Necker, che pare ora sposerà il barone De Staël. Ma ciononostante so per certo che ha diverse amanti, sia tra la nobiltà che tra la servitù. È di ampie vedute, il conte svedese. Sembra che non disdegni nessuna. Tranne me…

Mi alzo di scatto, seduta nel mio letto.

Stavo finalmente per addormentarmi, quando questo pensiero assurdo mi ha attraversata.

Davvero voglio che Fersen mi guardi come guarda Antonietta e le altre?

Trovo sinceramente disgustosi certi suoi sguardi ammiccanti. Non capisco come le donne possano sentirsene lusingate.

A me rivolge sempre sguardi rispettosi e pieni di sincera amicizia e ammirazione. Quando parlo mi ascolta, senza soppesarmi come un pezzo di carne.

Decisamente vengo trattata meglio io.

Ma allora cosa è questa sensazione di insoddisfazione, di insofferenza?

*

Siamo qui, in riva al fiume, che di istante in istante si arricchisce di tutte le sfumature del sole nascente.

“Grazie Oscar. Questa sera mi avete impedito di compiere una sciocchezza.”

Voi siete sul ciglio del fiume.

Io dietro di voi, su una collinetta.

André è dietro di me, vicino alla carrozza.

Antonietta starà dormendo beata del suo letto, ignara di tutto, come sempre.

“Il mio amore la sta esponendo al pericolo. Devo mettere un freno a tutto ciò.”

Bene, ci sei arrivato.

“Oscar, io devo andare lontano, molto lontano. Mi sono offerto volontario per combattere nelle Americhe al fianco del generale Lafayette.”

Dio, quest’uomo non conosce proprio le mezze misure.

Scappa, io (non so perché) provo ad inseguirlo, ma come un magnete mi fermo esattamente al fianco di André.

*

“La sua nave salperà oggi pomeriggio. Non hai desiderio di salutarlo?”

André, come diavolo fai? Mi leggi nel pensiero? Ma i miei stessi pensieri sono confusi, e ti arrivano comunque disturbati.

Sì, avrei desiderio di salutarlo, e no, non voglio. Allo stesso tempo. Lo so, è assurdo. Vorrei salutarlo perché siamo amici e lui sta partendo per una guerra da cui forse non tornerà. Non voglio vederlo perché sento che non è solo un amico, ma non so dargli un nome.

E così resto qui, con la tazza di tè in mano, la fronte appoggiata al vetro della finestra a cercare refrigerio e una lacrima che scende solitaria, senza compagne e senza una vera ragione.

*

La mela esplode in aria.

Non è possibile.

André me l’ha lanciata e ora dovrebbe essere nelle mie mani.

Invece, contro ogni logica, è esplosa a mezz’aria, a metà strada tra me e André.

Una risata, nel calore del tramonto.

Ora io e André siamo vicino al fiume, e tu sei sulla collinetta.

“Sono Hans Axel di Fersen, e sono appena tornato dall’America!”

E io corro, verso di te, verso ciò che significhi, ma che non comprendo.

*

“Non andrete a rendere omaggio alla regina Antonietta?”

“Sì, lo farò. Posso farlo. Sento che il mio cuore non prova più amore per lei.”

Siamo seduti abbastanza vicini sul bordo della fontana, ma guardiamo il cielo da due punti di vista differenti.

Un fremito. Delle gocce d’acqua fredda mi colpiscono il collo. Il pensiero che l’unica donna che tu abbia mai amato non occupi più il tuo cuore mi fa sperare. Ma in cosa? Cos’è la speranza? Un qualcosa di informe, che aleggia nella mente e nel cuore degli stupidi. Ma allora io..? Io, che non riesco nemmeno a dare un nome a questa sciocca speranza?

*

“Sembra che il conte Fersen si rechi a Corte tutti i giorni da più di una settimana.”

Di nuovo, tu seduto ed io in piedi, a darti le spalle, per impedirti di leggermi gli occhi. Fisso il nulla fuori dalla finestra e cerco di fissare il nulla senza nome dentro di me.

Fersen e Antonietta si sono rivisti, e hanno ripreso esattamente da dove avevano lasciato sette anni fa. Sembra ci siano forze contro cui è inutile combattere. O forse loro due sono troppo deboli per farlo.

Io no, io sono forte e addestrata a combattere.

Ho tutta l’intenzione di combattere questi pensieri assurdi che mi distraggono persino mentre sono a lavoro.

Io non sono una donna innamorata. La regina è una donna innamorata, ed il suo atteggiamento è completamente diverso dal mio. Io non me sto a fissarlo imbambolata, incurante degli sguardi al veleno dei cortigiani. Io non piango per lui. Lui non mi fissa come se fossi l’unica persona in un salone affollato. Lui non è tornato per me.

Questo dolore sordo nel petto sta diventando insopportabile.

*

Torno a casa da sola, dopo una cavalcata solitaria.

Non so nemmeno come e quando è nato in me questo pensiero. Soprattutto non so il perché.

“Nonna, hai ancora qualcuno dei vestiti che avevi cucito per me?” lo dico tutto d’un fiato. Ora l’ho detto ed è troppo tardi. La nonna già mi fissa con gli occhi colmi d’amore e di commozione.

“Ma certo bambina! Li ho conservati nella speranza…”

Ti devo interrompere. Il tuo affetto mi fa sentire ancora più in colpa con me stessa.

“Voglio solo andare ad un ballo con un vestito cucito da te. Solo una volta. Così…”

Ma tu sei già all’opera.

In un attimo sono nuda, in camera mia, mentre tu mi inizi a mettere addosso accessori assolutamente sconosciuti e… imbarazzanti! Meno male che non devo subire questa tortura tutti i giorni. Ma come fanno le donne?!? Finita la tortura della vestizione, inizia quella dell’acconciatura e poi, come non bastasse, quella del trucco. Dio, mi sento pesante. Mi pesa il vestito, mi pesa la testa, mi pesa il trucco sul viso.

La nonna mi guarda raggiante e mi spinge verso lo specchio a figura intera.

E allora alzo gli occhi e fisso la donna nello specchio.

Chi sei?

Cosa vuoi?

Ma la donna tace, come taccio io.

Tante domande, nessuna risposta.

*

“Ooh, mesdames, guardate! Guardate quella dama! È incredibilmente bella!”

Nella sala si alza un brusio pieno di stupore e di ammirazione.

La donna che ha appena fatto il suo silenzioso ingresso ha catalizzato l’attenzione di tutti, donne e uomini.

Oscar avanza a testa bassa tra quella folla. Lei, che cammina sempre a testa alta, deve chinare il capo a causa di ciò che percepisce nell’aria. Curiosità, ma a quella è abituata. Ammirazione, ma conosce anche quella. Invidia, ma in qualche misura le è capitato di sentire anche quella. Ciò che di nuovo avverte nell’aria attorno a lei è qualcosa di completamente nuovo e sconvolgente: il desiderio. Non sa come lo abbia riconosciuto, ma sa che è quello. Gli uomini la guardano, di sottecchi o sfrontatamente, ma hanno tutti il medesimo sguardo carico di desiderio. Lo ha visto rivolto alle donne, mai a lei.

Quindi era questo ciò che cercavi, donna nello specchio? Vuoi che riconosca la tua esistenza? Bene, eccoti accontentata. Ora sei qui, in questa elegante sala, piena di uomini eleganti, che ti fissano come un pezzo di carne in una macelleria. Spero tu sia soddisfatta, perché io non lo sono affatto. Voglio tornare a casa…

“Madame, mi concedete questo ballo?”

È la sua voce. Ma è diversa. Non ha mai usato questo tono carezzevole con me.

Mi volto e lo vedo. Mi guarda sorridendo. Il suo desiderio è leggermente più nascosto rispetto a quello di altri gentiluomini che mi circondano come se fossi una volpe e loro un branco di cani da caccia. Tu li hai battuti sul tempo e ora loro ti guardano con risentimento e disprezzo.

Mi porgi la mano. Io vi poso la mia.

I violini attaccano.

E noi iniziamo a volteggiare.

Tu e la donna nello specchio.

Balliamo in silenzio per alcuni secondi, poi…

“Perdonatemi madame, ma posso chiedervi da dove provenite? Non vi avevo mai vista prima e sono curioso.” E sfoderi il tuo sorriso che è stato la rovina di tante donne. E forse pure della mia.

Non posso rispondere. La nonna non ha potuto truccarmi la voce. E poi la donna dello specchio è così stupida che si è presentata qui senza uno straccio di storia da raccontare.

“Scusatemi, ve ne prego. Non voglio mettervi in imbarazzo. È solo che somigliate tanto ad una persona che conosco.”

No, non può essere…

“È una persona meravigliosa, sapete? È coraggiosa, intelligente, colta, leale. E poi, anche se non credo lei lo sappia, è bellissima. Sembra una dea greca, ma schiva gli sguardi degli uomini come un fiore di ghiaccio.”

Allora un po’ mi conosci? Cos’è questo batticuore?

“La splendida ragazza di cui vi parlo è il mio migliore amico.”

Crash.

Una sassata e lo specchio va in pezzi. La donna al suo interno si rifugia lontano e mi lascia sola ad affrontare il disastro. Ma io non so che fare; non sono stata io a volere questa farsa. Questa non sono io, ho solo assecondato la donna nello specchio.

Lo sguardo basso, sento una lacrima scivolare sulla guancia.

“Oscar? Sei tu?”

No no no! Questo no! Devo fuggire.

Mi libero dal tuo abbraccio e fuggo.

*

Sono seduta sul bordo della fontana e riprendo fiato, e coscienza di me stessa.

Cosa ci sono venuta a fare qui, conciata in questa maniera?

È tutta colpa della donna nascosta nello specchio. Lei voleva essere vista, voleva essere libera, anche solo per una sera. Ma non voleva essere riconosciuta. No, questo no. Lei vuole solo esistere. Ma non posso permetterglielo. E poi, a che scopo? La lascio libera, e poi? La donna nello specchio non ha piani per il futuro, io sì. E allora resta lì.

*

I miei piani comprendono l’abbandono della Guardia Reale e un nuovo incarico, un nuovo inizio.

Una nuova vita, in cui gli specchi e tutto ciò che nascondono non sono contemplati.

E allora André, tu che mi rifletti senza pietà da più di vent’anni, anche tu devi sparire.

Te lo dico. Secca e decisa. Mi dispiace, non credere, ma è meglio così. Anche per te, ne sono convinta.

Te lo dico e pochi istanti dopo mi ritrovo sul mio letto, immobilizzata dal peso del tuo corpo sul mio.

La tua bocca sulla mia.

Le tue mani sul mio corpo.

Io piango, tu ti fermi.

Mi sussurri all’orecchio: “Perdonami. Io ti amo.”

Scommetto che la donna nello specchio lo sapeva, ma io non l’ho mai ascoltata.

*

Nella caserma della Guardia Nazionale non ci saranno specchi. Questo pensiero mi solleva. Entro fiera nelle camerate per presentarmi alla mia nuova truppa ed eccolo, il maledetto specchio verde; il tuo occhio che mi osserva e mi rimanda senza pietà un’immagine di me che tu solo vedi.

“Qualunque cosa tu possa pensare, Oscar, io sono l’unica persona in grado di proteggerti. Sempre ai vostri ordini, mio comandante!”

“André, io…”

Già, io cosa?

*

E va bene, affrontiamoci. Mi serve anche il tuo aiuto, questa volta.

“Girodel, un uomo al quale ho dato degli ordini fino a qualche giorno fa, vuole sposarmi! Non so cosa ne pensi tu, ma a me viene solo da ridere!”

Rido, rido fino a piangere, e la donna nello specchio ride e piange con me. Almeno questa volta siamo unite. Ma nei suoi occhi vedo un segreto, un segreto che io non voglio ancora scoprire.

*

“Credo che vi ami, comandante!”

Alain ride. Beato lui. Io ti fisso disperata mentre sei sdraiato inerme e ferito. Per colpa mia. Di nuovo.

“In ogni caso vi ama tanto da rischiare la vita per voi.” Questa Alain me la dice quasi con cattiveria, a pochi centimetri dal viso. Nessuno aveva mai osato parlarmi in questo modo. Per fortuna lo ha fatto lui. Sembra che io non possa proprio evitare gli specchi.

Mi avvicino a te, mi inginocchio nella polvere, al tuo fianco. Vedo le tue lacrime inconsapevoli, in cui si rispecchiano le mie, altrettanto inconsapevoli. Mi tocco il viso; quando ho iniziato a piangere? Poi tocco il tuo viso, e le nostre lacrime si mischiano.

“Oscar, ti prego, non ti sposare… ti prego, Oscar!”

Non sei cosciente. Ma io sono sempre nei tuoi pensieri. In fondo alla tua mente, in fondo al tuo cuore. In fondo al mio specchio.

Ti accarezzo il viso, passandoti le dita tra i capelli.

*
“Come padre ti ordino di vestirti, truccarti e pettinarti come una dama e di recarti al ballo che il generale Bouillé ha organizzato in tuo onore. E lì, tra i vari pretendenti, sceglierai il tuo sposo. Chiunque sia, avrai la mia approvazione e la mia benedizione.”

Sicuro, padre? Chiunque io scelga? penso mentre continuo a suonare il piano.

*

Allora, che facciamo?

Dopo tanto tempo, mi guardo di nuovo allo specchio.

Ho bisogno di aiuto.

Giuro che stavolta ti ascolterò.

Tu appari e mi sorridi.

Sei stanca come me, vero?

Per tanti anni ho pensato che volessi forzarmi in una direzione, ed ora invece finalmente capisco che ero io a forzare te alla non esistenza.

Io ho bisogno di te, e tu hai bisogno di me.

Ed entrambe abbiamo bisogno di André.

Solo così l’immagine riflessa sarà completa e non più frammentata.

E allora andiamo insieme a questo ballo, a farci vedere per quello che siamo veramente. Non come la volta scorsa. Scusami ancora per l’incomprensione, Oscar nello specchio.

*

“Sono curioso di vedere madamigella Oscar in abiti femminili!”

“Anch’io!”

“Mi ha stupito sapere che tanti uomini sono intenzionati a chiederla in sposa!”

“A me no! Era evidente che suscitava curiosità. E poi è bella, nobile, e la sua famiglia è vicinissima alla Corona.”

Silenzio.

Poi un brusio sempre più insistente.

Tutti gli uomini la guardano, come quella sera.

Come quella sera, il desiderio si mischia alla curiosità e al disprezzo.

Ma io questa volta tengo la testa alta e vi fisso, cari gentiluomini, che vedete solo ciò che volete vedere.

Ed ora, davanti ai vostri occhi miopi, c’è il generale di brigata Oscar François de Jarjayes, nella sua uniforme blu.

La strana donna vestita da uomo.

La donna che nessun uomo potrà e vorrà mai sposare.

Bene, Oscar nello specchio, il nostro piano ha funzionato.

Ora possiamo tornare a casa da André.

 

Fine

Moonia (mail to: monia.guredda@gmail.com)