LUIGI XIV
Il re Sole
Luigi XIII nacque a Fontainebleau il 27
settembre 1601 sotto il segno della Bilancia, primo requisito per essere
chiamato "Il Giusto". Era figlio di Enrico IV e di Maria de' Medici. Diventò re
il 14 maggio 1610 a nove anni, quando un fanatico pugnalò a morte suo padre.
Venne consacrato nella cattedrale di Reims il 17 ottobre dello stesso anno. La
reggenza fu assicurata da Maria de' Medici, sua madre, dal 15 maggio 1610 al 24
aprile 1617, quando con un "colpo di Stato" Luigi fece uccidere Concino Concini,
l'italiano favorito e ministro della regina. Si sposò a Bordeaux il 28 novembre
1615, quattordicenne, con la bella Anna d'Austria, figlia del re di Spagna
Filippo III, ma consumò il matrimonio, e senza gioia, solo tre anni e mezzo dopo
le nozze. Solo molto più tardi ebbe due figli. Il primogenito fu il Re Sole,
nato il 5 settembre 1638; l'altro è Filippo d'Angiò, nato nel 1640.
Luigi dedicò sempre pochissime attenzioni alla consorte: incapace di grandi
passioni ma curioso, volubile e capriccioso, s'invaghì di favorite donne di
favoriti uomini che lo fecero soffrire ma verso i quali l'amore, almeno
apparentemente, non fu mai fisico.
L'unico divertimento che lo appagasse appieno era la caccia, che praticava
galoppando nelle foreste col falcone in pugno. Destava ammirazione per la sua
abilità nella danza. Ebbe il senso dello Stato e del dovere, ma non la
personalità adatta ad un sovrano, e un carattere tormentato, le cui spigolosità
sconfinavano nella gelosia e nell'invidia, nel dubbio e nel sospetto. Era
autoritario e non si fidava di nessun collaboratore. Tra il 1617 e il 1624
dubitò perfino di Richelieu, un servitore devotissimo e di acume vertiginoso.
Galoppava incurante lungo la Francia, a caccia di guerra. Si fece un punto
d'onore nel fare la vita dei soldati, dormendo vestito su un covone di paglia.
Nonostante la febbriciattola che lo minava (il sovrano era affetto da
tubercolosi) riuscì ad essere un gran lavoratore. Sbrigava la posta sotto la
tenda, firmava decine di ordini e, protetto dall'anonimato, si divertì a fare il
giornalista, scrivendo per uno dei primi giornali d'Europa, la "Gazette" di
Théophraste Renaudot. Era un uomo pignolo, pedante, ma non gretto ottusamente
scrupoloso, carico di rancori, testardo e collerico, geloso delle sue abitudini
quotidiane: per tutta la vita questo re vorrà rifarsi il letto da solo. Era
sicuramente infelice: sognatore, taciturno, malinconico, sognava donne senza
possederle, anzi aveva un'inclinazione sofferta per gli uomini. Esigeva di
dirigere gli affari dello Stato e di essere informato su tutto. Voleva sempre
prendere la decisione finale. Si imponeva di superare le debolezze del corpo
fiaccato dalle malattie, usando con gli altri la stessa severità che esercitava
in primo luogo su di sé. Odiava la nobiltà: la sapeva renitente a seguirlo in
battaglia. Gli aristocratici erano assai poco ansiosi di sacrificarsi per il
bene della Francia.
Questo re freddo e serio, del segno della Bilancia, detto perciò Luigi il
Giusto, era buono ma inesorabile. Fece uccidere senza rimpianti molti amici e
favoriti e in seguito divenne ancora più inflessibile. Trattò con crudeltà i
nobili del regno. Perdonò solo il fratello e lo fece per ben sei volte, ma per
la ragion di Stato, non per umanità. Invece fu affettuosissimo verso il suo
popolo, col quale riuscì ad essere spietato solo in caso di rivolta. Del resto
il popolo lo amava, sopportava privazioni di ogni tipo ma non e addossò mai la
responsabilità al suo re, che si atteggiava a popolano danzando nelle feste
popolari e parlando alle assemblee di villaggio. Con i soldati del corpo di
guardia si comportò come se fosse stato uno di loro. Invece provò un senso di
sospetto e di pesante rancore verso i nobili: li vessò con tasse e divieti, li
umiliò, li costrinse all'obbedienza.
Luigi fu un uomo esemplare: gentile, riservato, estremamente sensibile. Ma ebbe
anche dei lati negativi: non era molto intelligente, era ombroso e facile al
sospetto.
Luigi il Giusto, padre del Re Sole, morì il 14 maggio 1643, quarantaduenne,
salutato e pianto dall'amore del suo popolo. Ordinò che non si spendesse neppure
uno scudo per il suo funerale, e fu l'ultimo re di Francia ad essere pianto
sinceramente dal suo popolo.
Tratto da "Il Re Sole" di Guido Gerosa.